È quanto emerge dalla sentenza 16 aprile 2014 n. 16963 della Corte di Cassazione – Quarta Sezione Penale con cui è stata rinviata alla Corte d’appello di Salerno, per un’eventuale rideterminazione della pena, la sentenza di condanna emessa nei confronti di un commercialista, imputato del reato di bancarotta.
Le prove contro il professionista. Il professionista in questione, per i supremi giudici, ha avuto un ruolo di primo piano nel fallimento di alcune aziende, tutte facenti capo a un medesimo gruppo societario, avendo lui stesso “suggerito le operazioni fraudolente necessarie a fare quadrare i conti e i bilanci, almeno in apparenza”, e a sottrarre merce, beni e denaro con trasferimenti a catena da un soggetto giuridico all’altro tra le imprese controllate dall’imprenditore.
A mettere seriamente nei guai il commercialista sono state le “inequivocabili” annotazioni sui documenti archiviati in alcune cartelline intestate alle società clienti e ritrovate presso lo studio professionale.
Il tenore letterale di tali annotazioni non solo è sembrato più che sufficiente per dimostrare il ruolo di regista avuto dal commercialista in ordine alle operazioni da compiere quando lo stato di decozione delle società era già acclarato, ma anche “per superare le doglianze difensive circa la presunta mancanza di elementi in base ai quali affermare che l’imputato ebbe a rivestire la qualità di amministratore di fatto delle società per le quali offriva le proprie prestazioni professionali”.
Ad avvalorare ulteriormente la tesi della responsabilità è stata anche l’esistenza di un’iscrizione ipotecaria in favore del commercialista, in virtù di alcuni crediti vantati da quest’ultimo verso le società per le prestazioni offerte. Gli Ermellini non hanno considerato tale circostanza come indicativa di una condotta distrattiva, “bensì come parametro obiettivo per la valutazione dei reali rapporti” tra il professionista e l’imprenditore, nel senso che quest’ultimo aveva deciso di concedere al primo uno strumento che lo avrebbe garantito in misura maggiore rispetto a quanto avrebbero potuto pretendere altri creditori più o meno privilegiati.
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