In questo caso, ove l’atto in questione fosse tassato con l’applicazione dell’imposta di registro in misura proporzionale anziché dell’Iva, la scelta risulterebbe sicuramente molto conveniente. Inoltre ben difficilmente scaturirà una plusvalenza tassabile soggetta all’applicazione dell’imposta sostitutiva. Ciò in ragione dell’esiguità dei valori catastali.
In alcuni casi, però, il soggetto assegnatario persona fisica potrebbe avere interesse ad ottenere l’assegnazione del bene ad un valore maggiore rispetto a quello catastale. Ciò soprattutto in relazione all’ipotesi in cui la persona fisica assegnataria dell’immobile intendesse successivamente vendere il bene ricevuto senza attendere il periodo di cinque anni. Ad esempio, discostandosi del valore catastale, l’immobile potrebbe essere assegnato a 500.000 euro anziché a 200.000 euro (valore catastale). In tal caso, ove l’immobile dovesse essere successivamente ceduto ad un corrispettivo di 500.000 euro la plusvalenza risulterà pari a zero. Diversamente la scelta del valore catastale darà luogo ad una plusvalenza tassabile, nel caso di successiva vendita, pari a 300.000 euro.
La determinazione del valore normale, tralasciando il valore catastale, risulta, almeno sotto questo profilo, considerato l’azzeramento della successiva plusvalenza, più conveniente. Tuttavia sarà necessario prendere in considerazione le eventuali controindicazioni compresa l’applicazione della rettifica della detrazione di cui all’art. 19-bis2 del D.P.R. n. 633/1972.
La prima riguarda la possibilità dell’Agenzia delle Entrate di rettificare il valore dichiarato in sede di accertamento. La mancata scelta del valore catastale non vincola l’ufficio rispetto al valore dichiarato in atto che potrebbe ad esempio essere rettificato da 500.000 euro a 700.000 euro. In tale ipotesi l’Agenzia delle entrate richiederà al soggetto assegnatario (al socio) la maggiore imposta di registro, calcolata sulla differenza, oltre alle relative sanzioni ed interessi.
In realtà il rischio di subire il maggior prelievo in sede di accertamento può in alcuni casi essere completamente azzerato. Infatti, qualora l’atto di assegnazione fosse esente da Iva ai sensi dell’art. 10, comma 1, n. 8 – ter) l’imposta di registro sarebbe dovuta non in misura proporzionale, ma in misura fissa e specificamente sarebbe pari a 200 euro.
Si consideri ad esempio il caso in cui la società assegnante ha acquistato un immobile strumentale per natura (A/10, B, C, etc) successivamente oggetto di assegnazione. Si consideri anche che l’atto di provenienza sia stato assoggettato ad Iva e che l’imposta sul valore aggiunto sia stata considerata in detrazione. La successiva assegnazione sarà un’operazione esente da Iva ai sensi dell’art. 10, comma 1, n. 8 – ter) del D.P.R. n. 633/1972. Pertanto l’imposta di registro sarà dovuta nella misura fissa di 200 euro.
In tale ipotesi il contribuente non potrà subire alcuna rettifica del valore dichiarato in atto pur non avendo scelto (la società assegnante) il valore catastale. L’eventuale rettifica del valore da 500.000 euro a 700.000 in sede di accertamento non è destinata a produrre alcun effetto in quanto la tassazione del trasferimento sarà in ogni caso soggetta all’imposta di registro in misura fissa. L’abbandono del valore catastale può solo determinare effetti ai fini delle imposte sui redditi. Infatti qualora il valore di assegnazione fosse di 500.000 euro anziché di 200.000 euro (valore catastale) risulterà più probabile la realizzazione di una plusvalenza che però sarà assoggettata ad imposta sostitutiva.
Il rischio dell’accertamento ai fini dell’imposta di registro sussiste solo se la tassazione dovesse essere di tipo proporzionale. Ad esempio se la società assegnante avesse acquistato l’immobile senza Iva (in quanto proveniente da un privato) l’assegnazione sconterebbe l’imposta di registro nella misura del 4,5 per cento (la misura ordinaria del 9 per cento risulterebbe ridotta alla metà). In tale ipotesi la scelta del valore normale in luogo del valore catastale potrebbe costare cara a seguito della possibilità di accertamento dell’Agenzia delle Entrate.
La valutazione di convenienza delle possibili scelte richiedono quindi di valutare con attenzione l’atto di provenienza (di acquisto) dell’immobile oggetto di assegnazione. Il regime di riferimento, quindi l’applicazione o la mancata applicazione dell’Iva all’atto dell’acquisto, potrebbe condizionare sensibilmente il comportamento da assumere in sede di assegnazione.
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