Il Collegio meneghino ha accolto il ricorso del contribuente – un imprenditore individuale – richiamando nelle motivazioni la ben nota pronuncia della Corte Costituzionale secondo cui sono illegittimi i ripetuti conferimenti di incarichi dirigenziali ai funzionari delle Agenzia fiscali senza l’indizione di regolari concorsi pubblici, come prescrivono la Costituzione e le varie leggi ordinarie.
La controversia è sorta a seguito della notifica di un avviso di accertamento ai fini IRPEF, IRAP e IVA.
Con il ricorso, parte contribuente ha sollevato numerose eccezioni, tra cui quella afferente all’irregolarità della sottoscrizione, in quanto apposta da soggetto – tale “Capo area” per delega del direttore provinciale – non munito del potere di sottoscrivere gli atti di reggenza.
Come sarà certamente noto, l’avviso di accertamento è nullo, ai sensi dell’articolo 42 del D.P.R. n. 600 del 1973, se non reca la sottoscrizione del capo dell’ufficio o di altro impiegato della carriera direttiva da lui delegato. La stessa regola vale in materia di IVA, in forza dell’art. 56 del D.P.R. n. 633/72, per l’espresso richiamo alle disposizioni in materia di imposte sui redditi.
Ebbene, nel caso di specie, dagli atti di causa è emerso che, proprio in relazione alla posizione, tra gli altri, del soggetto firmatario dell’avviso in contestazione, era stata sollevata dal Consiglio di Stato (con ord. 26/2013) la questione di legittimità costituzionale dell’art. 8, comma 24, D.L. n. 16/2012 (conv. in L. n. 44/2012), che ha consentito a funzionari privi della relativa qualifica di essere destinatari di conferimento di incarico dirigenziale (quindi di accedere allo svolgimento di mansioni proprie di un’area e qualifica afferente a un ruolo diverso dell’ambito dell’organizzazione pubblica) anche senza positivo superamento di idoneo concorso.
Ora la norma, precisa il Collegio giudicante, è stata dichiarata illegittima dalla sentenza n. 37/2015 della Corte Costituzionale, per violazione degli artt. 3, 51 e 97 della Cost., perché “ha contribuito all’indefinito protrarsi nel tempo di un’assegnazione asseritamente temporanea di mansioni superiori, senza provvedere alla copertura dei posti dirigenziali vacanti da parte dei vincitori di una procedura concorsuale aperta e pubblica”.
Sulla scorta di queste considerazioni, la CTP meneghina ha dichiarato “la nullità dell’atto di accertamento” in questione, poiché sottoscritto “da soggetto non dotato di nona qualifica funzionale”.
Le spese di lite sono state compensate, considerato che l’accoglimento del ricorso “è conseguito a pronuncia d’incostituzionalità intervenuta solo successivamente alla proposizione del medesimo”.
Sul punto è prontamente intervenuta l’Agenzia delle Entrate che, tenendo conto della tempestiva circolazione di notizie ritenute fuorvianti, ha precisato che con la suddetta sentenza la Commissione tributaria provinciale di Milano “non ha annullato l’atto di accertamento dell’Agenzia delle Entrate in quanto sottoscritto da un funzionario incaricato di funzioni dirigenziali decaduto per effetto della sentenza della Corte costituzionale del 17 marzo 2015, n. 37”.
Alla stregua di quanto poc’anzi messo in evidenza, l’Agenzia ha ribadito come la Commissione abbia “rilevato la nullità dell’atto in quanto ‘sottoscritto da soggetto non dotato di nona qualifica funzionale’, ritenendo non provata, in questo singolo giudizio, l’appartenenza del funzionario che ha sottoscritto l’atto alla carriera direttiva (ex nona qualifica funzionale). Attualmente alla carriera direttiva appartiene il personale di terza area funzionale non dirigente, che può essere delegato dal capo ufficio a firmare gli atti tributari come previsto dall’art. 42, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600”.
E per concludere, avvalendosi della decisione n. 63/01/2015 emessa dalla Commissione tributaria provinciale di Gorizia, l’Agenzia ha sottolineato che “la sentenza della Corte costituzione del 17 marzo 2015, n. 37 ‘non debba comportare affatto la caducazione (nullità)’ degli atti impugnati”.
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