Riciclaggio: disciplina penale e amministrativa – Prima di illustrare le novità proposte occorre introdurre una breve premessa: in Italia convivono due discipline “antiriciclaggio”, una penale e l’altra di diritto amministrativo e di derivazione comunitaria.
Era infatti già presente, nell’ordinamento italiano, una disciplina penale per il reato di riciclaggio, la quale, tuttavia, negli ultimi anni, è stata affiancata da una disciplina amministrativa sorta a seguito dei provvedimenti comunitari emanati nel tempo.
Le due discipline non sono mai state armonizzate, ragion per cui fattispecie che potrebbero essere punite sulla scorta delle disposizioni contenute nel D.Lgs. 231/2007 ben potrebbero essere irrilevanti ai fini penali.
Tale differenza trova il suo apice nella disciplina relativa al c.d. “autoriciclaggio”, ovvero il riciclaggio commesso dal soggetto responsabile e/o concorrente del reato presupposto.
Ebbene, se il D.Lgs. n. 231/2007, con la sua definizione molto ampia ed articolata di antiriciclaggio, prevede tale fattispecie, il nostro codice penale non configura il reato di “autoriciclaggio”, ma considera l’occultamento delle somme derivanti dal reato come un fatto derivato non punibile.
La disciplina penale – Il diritto penale italiano vigente prevede tre fattispecie riconducibili al fenomeno del riciclaggio, ovvero i delitti di “Ricettazione” (art. 648 c.p.) “Riciclaggio” (art. 648-bis c.p.) e di “Impiego dei denaro, beni o utilità di provenienza illecita” (648-te c.p.).
Con specifico riferimento all’art. 648-bis, il nostro codice penale prevede che “fuori dei casi di concorso nel reato, chiunque sostituisce o trasferisce denaro, beni o altre utilità provenienti da delitto non colposo, ovvero compie in relazione ad essi altre operazioni, in modo da ostacolare l’identificazione della loro provenienza delittuosa, è punito con la reclusione da quattro a dodici anni e con la multa da euro 1.032 a euro 15.493”.
Ai sensi dell’art. 648-bis c.p. sono pertanto incriminate due distinte condotte:
– la sostituzione o il trasferimento di denaro, beni, o di altre utilità provenienti da qualsiasi delitto non colposo;
– il compimento di altre operazioni in modo da ostacolare l’identificazione della provenienza illecita.
Preminente è quindi la volontà di celare l’origine illecita dei proventi.
Gli scenari futuri – La Commissione Fiandaca ha proposto la revisione dell’art. 648-bis del codice penale, introducendo, anche nell’Ordinamento penale italiano il concetto di “autoriciclaggio”, prevedendo tuttavia pene meno severe (la pena prevista dovrebbe essere dai 3 ai 6 anni).
Sono pertanto rimasti insoddisfatti coloro che avevano proposto la non punibilità, nel rispetto delle attuali previsioni codicistiche.
Pene elevate saranno inoltre previste per i concorrenti del reato di autoriciclaggio e, novità ancora più rilevante, tra gli stessi potranno essere annoverati anche gli esercenti di attività bancarie e finanziarie.
Ma in ambito tributario, la vera novità riguarda l’inclusione dei reati di evasione fiscale e doganale tra i delitti presupposto del riciclaggio.
Potrebbero essere pertanto pesanti le conseguenze per chi, evadendo le imposte, sarebbe punibile per un reato fiscale: scatterebbero sanzioni penali indipendentemente dal fatto che colui che commette il reato sia lo stesso che ha celato l’origine illecita dei proventi.
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