In effetti, in una situazione di calo dei consumi, mettere mano all’Iva sarebbe una follia, specie in una situazione di deflazione: anche se si trattasse di uno spostamento selettivo di beni dalle aliquote più basse, quelle del 4% e del 10%, un’ulteriore caduta dei consumi sarebbe inevitabile.
Con l’ennesimo aumento dell’imposta, infatti, si sottrarrebbe una serie di beni alle possibilità di acquisto di vasti ceti popolari, con un ritorno certamente inferiore alle attese in termini di gettito.
Il ritocco verso l’alto dell’Iva è un metodo brevettato per raddoppiare le chiusure di imprese nel commercio e nel turismo, già oltre quota 50.000fino ad agosto 2014, con i conseguenti ovvi effetti su occupazione e Pil. Lo scopo del Governo sarebbe invece quello di centrare l’obiettivo di deficit sotto il 3%.
Il presidente della Commissione di Vigilanza sull’Anagrafe Tributaria, Giacomo Portas, eletto alla Camera nel Pd, ha dichiarato che un aumento dell’Iva sarebbe il “de profundis per la nostra economia”. Ha dichiarato, inoltre,Portas che “Per le tasse dovremmo seguire un altro percorso: abbassarle, e mi auguro che l’Europa non ci obblighi a fare diversamente”.
La CGIA di Mestre auspica che le indiscrezioni apparse sulla stampa sull’eventuale aumento delle aliquote agevolate dell’Iva siano soltanto un rumor di fine estate. “Con una pressione fiscale che quest’anno si attesterà al 44 per cento, record storico toccato anche nel 2012 – dichiara il segretario della CGIA, Giuseppe Bortolussi – bisogna assolutamente evitare qualsiasi nuovo aumento della tassazione, tra cui quello dell’Iva. Chi ritiene che non sia così, non ha compreso che se dovessero essere ritoccate all’insù le aliquote agevolate dell’Iva, a pagare il conto sarebbero soprattutto le famiglie meno abbienti”. “Ricordo – prosegue Bortolussi – che il 98% delle imprese italiane ha meno di 20 addetti e la stragrande maggioranza di queste attività produce o vende i propri servizi per il mercato interno. Se dovessimo subire l’ennesimo aumento dell’Iva, quest’ultime risentirebbero pesantemente degli effetti negativi di tale scelta”.
La Confcommercio, da ultima, ha dichiarato che sarebbe un “macroscopico errore economico“. “Con imprese che chiudono, deflazione in atto, consumi fermi al palo, produzione industriale ancora in caduta, redditi delle famiglie tornati al 1986, un quadro economico ancora molto contradditorio e una ripresa ancora tutta da costruire, l’eventuale aumento dell’Iva sarebbe il colpo di grazia per imprese e famiglie”. Questo il commento di Confcommercio alle indiscrezioni sull’ipotesi di un aumento delle aliquote Iva ridotte. Confcommercio auspica, quindi, che “le indiscrezioni su una eventuale rimodulazione delle aliquote Iva ridotte siano destituite di ogni fondamento perche’, viceversa, si commetterebbe un macroscopico errore economico e si e colpirebbero soprattutto i redditi medio bassi che hanno beneficiato del bonus di 80 euro, neutralizzandone il potenziale benefico effetto”.
Il meccanismo IVA – deficit – L’aumento delle imposte indirette (Iva o accise che siano) innesca pressoché automaticamente un aumento dell’inflazione.
L’inflazione gonfia il Pil nominale. E, dato che il valore del 3% è un rapporto tra disavanzo nominale ed un denominatore dato dal Pil nominale, meccanicamente il deficit si riduce (a causa del dopaggio del Pil dato dall’inflazione) di quei decimali di punto necessari per contribuire a bloccare il rapporto sotto il 3%.
Da notare, che una ricetta analoga (aumento dell’inflazione con relativo dopaggio del Pil nominale) figura nel paniere di interventi individuati dal Fmi, Bce e Commissione Ue per soccorrere Grecia, Portogallo e Cipro.
In più, l’aumento dell’Iva è una misura che garantisce gettito. E va nella direzione auspicata dalla Commissione europea di alleggerire il peso fiscale sulle persone per scaricarlo sulle cose.
Speriamo si tratti solo di rumor…a questo punto.
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