L’associazione in partecipazione, disciplinata dagli artt. 2549-2554 c.c., è il contratto di collaborazione con il quale un soggetto, l’associante, attribuisce a un altro soggetto, l’associato, una partecipazione agli utili della sua impresa o di uno o più affari, verso il corrispettivo di un determinato apporto.
Sotto il profilo fiscale, la remunerazione che ritrae l’associato in esecuzione del contratto di associazione in partecipazione è considerato reddito di lavoro autonomo non professionale qualora l’apporto consista solo in una prestazione lavorativa.
Qualora l’associato nel contratto sia un soggetto non residente, la tassazione delle remunerazioni, a prescindere dalla tipologia dell’apporto, avviene in Italia solo se la prestazione lavorativa è ivi svolta.
Regime impositivo per l’associato non residente. Ai fini dell’applicazione dell’imposta sul reddito delle persone fisiche nei confronti dei non residenti, l’art. 23, comma 1, lett. d), del TUIR, considera prodotti nel territorio dello Stato “i redditi di lavoro autonomo derivanti da attività esercitate nel territorio dello Stato”.
La citata disposizione rileva in rapporto al contenuto dell’art. 3, c. 1 del TUIR, in base al quale l’Irpef si applica sul reddito complessivo formato, per i soggetti non residenti, soltanto dai redditi prodotti nel territorio dello Stato.
Ora, i “redditi di lavoro autonomo” sono espressamente individuati dall’art. 53 del TUIR; il comma 2, lett. c) qualifica come tali anche “le partecipazioni agli utili di cui alla lettera f) del comma 1 dell’art. 44 quando l’apporto è costituito esclusivamente dalla prestazione di lavoro”: in altre parole, sono redditi di lavoro autonomo anche le remunerazioni spettanti all’associato che apporti solo lavoro nel contratto di associazione in partecipazione.
La ritenuta alla fonte. Sotto il profilo delle modalità di tassazione di tali redditi, ai sensi del comma 1 dell’art. 25 del D.P.R. n. 600/1973, sull’intero ammontare delle erogazioni corrisposte all’associato (ossia senza alcuna deduzione analitica o forfetaria), l’associante deve operare una ritenuta alla fonte.
Quanto alla misura di tale prelievo, occorre fare riferimento al successivo comma 2 del medesimo articolo, in virtù del quale, in presenza di associato non residente, la ritenuta alla fonte è a titolo d’imposta e nella misura del 30%. Ne sono esclusi i compensi per prestazioni di lavoro autonomo effettuate all’estero e quelli corrisposti a stabili organizzazioni in Italia di soggetti non residenti.
Il combinato normativo dispone, dunque, quale regola generale, l’assoggettamento a tassazione in Italia delle remunerazioni percepite dall’associato non residente in forza di un contratto di associazione in partecipazione con apporto di sole prestazioni di lavoro esercitate sul territorio dello Stato, mediante un prelievo alla fonte a titolo d’imposta nella misura del 30% dell’intero ammontare percepito, che l’associante residente deve effettuare e versare all’Erario, in quanto sostituto d’imposta.
La normativa convenzionale. Tuttavia, la potestà impositiva nazionale in tal caso trova una precisa limitazione derivante dall’applicazione delle norme di diritto internazionale, tra le quali rilevano, in primis, le convenzioni bilaterali sottoscritte dall’Italia con diversi Paesi; per la predisposizione di tali strumenti, l’Italia ha optato per lo schema convenzionale OCSE.
Le convenzioni attualmente vigenti dedicano il paragrafo 14 al trattamento fiscale dei redditi che una persona fisica residente di uno Stato contraente ritrae dall’esercizio di una libera professione o da altre attività indipendenti di carattere analogo, prevedendone l’imponibilità nel solo Stato di residenza del prestatore. Unica eccezione si ha nel caso in cui il prestatore disponga nell’altro Stato contraente di una base fissa per l’esercizio della propria attività.
Di conseguenza, in presenza di una convenzione bilaterale vigente tra l’Italia (Paese in cui è svolta la prestazione lavorativa) e lo Stato estero di residenza dell’associato, la potestà impositiva sul reddito che ne deriva spetterà a detto Stato estero, con conseguente possibilità per il prestatore di richiedere all’associante residente la non applicazione della ritenuta alla fonte del 30%.
Procedura per l’applicazione della convenzione bilaterale. Le procedure da espletare da parte dell’associato non residente per richiedere l’applicazione delle disposizioni convenzionali sono le seguenti:
• presentare all’associante italiano la certificazione rilasciata dal competente ufficio fiscale estero, attestante la sua residenza;
• allegare la documentazione attestante l’applicabilità della disposizioni convenzionali (in merito, con Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate, prot. n. 2013/84404, sono stati approvati i nuovi modelli per richiedere l’applicazione delle disposizioni convenzionali).
A tal proposito, infatti, il Ministero delle Finanze in più circostanze ha precisato che i sostituti d’imposta hanno la facoltà, sotto la propria responsabilità, di applicare direttamente l’esenzione o le minori aliquote previste nelle Convenzioni vigenti fra l’Italia e lo Stato di residenza del beneficiario del reddito.
Procedura per il rimborso della ritenuta. Qualora, infine, in presenza delle condizioni per usufruire delle più favorevoli disposizioni convenzionali, venga comunque effettuata la ritenuta alla fonte, il soggetto non residente potrà ottenerne successivamente il rimborso, presentando richiesta su apposito modello (se esistente), o su semplice istanza, al Centro Operativo di Pescara, entro il termine di decadenza di 48 mesi dalla data del prelevamento della ritenuta (ai sensi dell’art. 37 del D.P.R. n. 602/1973).
Il modello (ovvero, l’istanza informale) deve contenere:
– l’attestazione di residenza ai fini tributari nel Paese estero, rilasciata dalla competente Autorità fiscale;
– la dichiarazione di esistenza o meno di una base fissa in Italia, cui siano riconducibili i redditi in relazione ai quali si chiede il rimborso dell’imposta subita;
– dichiarazione di esistenza di eventuali altre specifiche condizioni richieste dalla Convenzione.
Il modello (ovvero, l’istanza informale) deve essere corredato della documentazione atta a comprovare il prelievo effettivo dell’imposta alla fonte.
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