L’associazione in partecipazione, disciplinata dagli artt. 2549-2554 c.c., è il contratto di collaborazione con il quale un soggetto, l’associante, attribuisce a un altro soggetto, l’associato, una partecipazione agli utili della sua impresa o di uno o più affari, verso il corrispettivo di un determinato apporto.
Sotto il profilo fiscale, la remunerazione che ritrae l’associato in esecuzione del contratto di associazione in partecipazione è considerato reddito di capitale qualora l’apporto sia diverso da opere e servizi (consista, cioè in capitale, o in una forma mista di capitale e lavoro).
L’Agenzia delle Entrate, nella ris. 16/05/2005 n. 62/E, ha precisato che l’apporto di beni che comporta il trasferimento della proprietà dei beni medesimi è un’operazione fiscalmente rilevante, al pari di una cessione a titolo oneroso.
Il caso proposto all’Agenzia. Il caso risolto dall’Agenzia con la risoluzione 62/E viene proposto da una Srl che svolge attività di commercio al minuto di “capi firmati” di abbigliamento all’interno di centri outlet, nei quali la società dispone di spazi commerciali in forza di contratti di affitto di rami d’azienda con le società proprietarie dei centri commerciali. La Srl acquisisce i capi firmati a seguito di stipulazione con partners leaders nel settore della moda di contratti di associazione in partecipazione. A fronte dell’apporto reso dall’associato (cioè il partner) e consistente nell’impegno a cedere capi di abbigliamento al prezzo di costo o al 30 per cento del normale prezzo di vendita degli stessi, l’associante (cioè la Srl), oltre a pagare il predetto prezzo particolarmente favorevole, si impegna ad attribuire all’associato una partecipazione, in misura pari al 50 per cento, agli utili e alle perdite prodotte nell’attività di commercio al dettaglio.
Prendendo spunto dal caso esaminato, si propone un inquadramento sistematico del contratto di associazione in partecipazione con apporto di capitale, consistente in beni in natura. Il predetto contratto di associazione in partecipazione preso in esame si caratterizza per il fatto che l’associante, oltre ad attribuire all’associato la partecipazione agli utili della sua impresa (così come previsto dall’articolo 2549 del codice civile), si obbliga altresì a pagare un prezzo, seppure “particolarmente favorevole”, dei beni-merce apportati dall’associato. L’apporto, remunerato con la partecipazione agli utili, si identifica pertanto nell’impegno a cedere a “prezzi particolarmente favorevoli” i beni-merce, dal momento che la remunerazione per il trasferimento degli stessi è agganciata al prezzo di costo degli stessi o al 30 per cento del loro prezzo di vendita. In tal modo, l’associato si garantisce nell’immediato la remunerazione derivante dal prezzo di costo o dal 30 per cento del prezzo di vendita, e nel futuro, a seguito del conseguimento di utili da parte dell’associante, la remunerazione derivante dal maggior prezzo di vendita spuntato sui capi firmati trasferiti.
Apporto di capitale “in natura”. L’Agenzia delle Entrate – pur ritenendo di essere in presenza di “una fattispecie contrattuale complessa“, in ragione del menzionato duplice obbligo assunto dall’associante – ha ravvisato la natura di apporto di capitale in natura, dal momento che l’obbligo assunto dall’associato consiste nel fornire all’associante beni a un prezzo ridotto, non sussistendo alcun obbligo di restituzione nell’ipotesi in cui gli stessi beni restino invenduti.
Proprio dalla natura di apporto di capitale ravvisato nel predetto contratto di associazione in partecipazione e dalla relativa qualificazione come “fattispecie contrattuale complessa” discende un duplice trattamento tributario ai fini delle imposte sui redditi.
La corresponsione degli utili. Da un lato, con riferimento al trattamento dei compensi attribuiti all’associato in misura pari al 50 per cento degli utili percepiti, gli stessi non possono essere dedotti da parte dell’associante, e ciò in ossequio all’articolo 109, comma 9, lettera b), del Tuir, il quale prevede l’indeducibilità delle remunerazioni dovute “relativamente ai contratti di associazione in partecipazione ed a quelli di cui all’articolo 2554 del codice civile allorché sia previsto un apporto diverso da quello di opere e servizi“. Specularmente, in capo al soggetto percettore, i predetti compensi saranno assoggettati a tassazione ai sensi dell’articolo 89, comma 2, del Tuir, stante l’applicazione del medesimo regime fiscale previsto per la tassazione degli utili derivanti dalla partecipazione in società.
Il pagamento dei capi acquistati. Dall’altro lato, con riferimento al prezzo particolarmente favorevole che l’associante corrisponde all’associato all’atto dell’acquisizione dei capi firmati, l’Agenzia chiarisce che la modifica apportata dal D.Lgs. 344/2003 all’articolo 9, comma 2, del Tuir, consistente nell’inserimento degli “apporti” oltre ai “conferimenti” in società, determina che “l’apporto di beni che comporta il trasferimento della proprietà degli stessi beni è un’operazione fiscalmente rilevante, al pari di una cessione a titolo oneroso ai sensi del comma 5 dell’articolo 9 del Tuir“. Ai fini della valutazione del valore dell’apporto reso dall’associato troverà, perciò, applicazione il predetto comma 2, ai sensi del quale “in caso di conferimenti o apporti in società o in altri enti si considera corrispettivo conseguito il valore normale dei beni e dei crediti conferiti“.
Pertanto, l’Agenzia delle Entrate conclude affermando che: “tenuto conto che l’apporto riguarda beni-merce, oggetto dell’attività esercitata dall’impresa associata, il valore normale degli stessi beni, determinato secondo i criteri stabiliti dall’articolo 9 e comprensivo della quota di prezzo corrisposta dalla società associante, costituisce quindi ricavo rilevante ai fini della determinazione del reddito imponibile della società associata. Tale valore normale, determinato ai sensi dell’articolo 9 del Tuir potrà inoltre essere portato in deduzione nella determinazione del reddito della società associante“.
Natura antielusiva della norma. Il combinato disposto dei commi 2 e 5 dell’articolo 9 del Tuir opera in chiave antielusiva, non consentendo, per il tramite della stipulazione di un contratto di associazione in partecipazione, di far fuoriuscire dal regime dei beni relativi all’impresa beni-merce a un valore inferiore a quello normale, differendone così l’imposizione in capo all’associante nel successivo momento di realizzo del valore da parte dello stesso.
In virtù del riferimento all’art. 9 co. 5 del TUIR, le medesime conseguenze in termini di tassazione dell’associato dovrebbero aversi se, invece del trasferimento della proprietà del bene, si verifica la costituzione o il trasferimento di altri diritti reali in favore dell’associante (secondo tale norma, infatti, “ai fini delle imposte sui redditi le disposizioni relative alle cessioni a titolo oneroso valgono anche per gli atti a titolo oneroso che importano costituzione o trasferimento di diritti reali di godimento“).
Associazione in partecipazione: apporti che configurano trasferimento della proprietà di beni:
• per l’associato: Apporto = apporto di capitale in natura. Parificata ad una cessione a titolo oneroso il cui ricavo è determinato dal valore normale dei beni conferiti (e non dal prezzo praticato); Remunerazione: si applica il regime di tassazione dei dividendi;
• per l’associante: Rappresenta un costo deducibile; Indeducibile dal reddito d’impresa.
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