Assegni circolari, bancari e postali oltre i mille euro devono riportare la clausola non trasferibile, pena sanzioni salatissime. Oltre, quindi, a data e luogo di emissione, indicazione del beneficiario, importo e firma, occorre sempre apporre la clausola “non trasferibile” (semmai anche a penna se il modulo di assegni è assai remoto).
Da qualche tempo, la Ragioneria territoriale dello Stato del MEF, a fronte di assegni ultrasoglia privi di clausola di intrasferibilità, sta provvedendo alla contestazione delle infrazioni e all’irrogazione delle sanzioni amministrative previste dal D.Lgs. 231/2007, così come modificato dal D.Lgs. 90/2017 e di questo tema si stanno ormai diffusamente occupando anche i media televisivi nazionali, i quali hanno provato a chiedere conto ad alcuni dirigenti del MEF (senza risposta) sull’applicazione di sanzioni che, in alcuni casi, appaiono sproporzionate mentre, in molti altri casi, anche profondamente inique.
Uno degli atti notificati e sottoposti all’attenzione di chi scrive, motivano la contestazione nel seguente modo: “La S.V. si è resa responsabile della violazione dell’art. 49 comma 5 del DLgs. 231/2007, come modificato ed integrato dal DLgs. 90/2017 per aver trasferito la somma di euro 5.000 (cinquemila), a mezzo di assegno bancario privo di clausola di intrasferibilità (di cui si allega copia). Tale infrazione è punibile, ai sensi dell’art. 63 comma 1 del predetto decreto legislativo, con l’applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria da 3.000 a 50.000 euro. Ai sensi dell’art. 65 comma 9 del DLgs. 231/2007, la parte potrà definire il procedimento amministrativo con il pagamento di euro 6.000 più euro 5 per il versamento”.
A quel punto, quindi, l’ignaro cittadino prende cognizione di essere incappato in una sanzione la cui ratio sarebbe quella di contrastare l’utilizzo del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei roventi di attività criminose e finanziamento del terrorismo e, se intende chiudere velocemente la faccenda, lo Stato gli chiede di pagare l’esorbitante cifra di 6.005 euro di oblazione solo per aver trasferito, senza apposizione della clausola, l’importo, inferiore alla sanzione, di 5.000 euro. Tutto questo, peraltro, anche quando è indubbia la non appartenenza a reti terroristiche ed è, altresì, evidente un errore compiuto in assoluta buona fede da un cittadino non riciclatore seriale e che ha l’unica colpa di aver commesso l’errore di trasferire denaro con un assegno privo della stampigliatura della clausola.
In ogni caso, aldilà della evidente sproporzione quantitativa tra fatto commesso, sanzione prevista ed oblazione possibile, in qualche caso lo Stato, se non avrà la capacità di evitare acritici automatismi burocratici, rischia di perdere quel prestigio e quel rispetto che, al contrario, potrebbe facilmente accrescere con un minimo di buon senso.
A tal fine, quindi, si esemplifica un caso in cui i protagonisti della vicenda sanzionata sono i componenti di una onesta famiglia e, nello specifico, una figlia da anni delegata ad operare, per ovvie ragione connesse all’avanzare dell’età, sul c/c dell’ultraottuagenario genitore.
Arriva il giorno delle nozze della nipote, cosicché il nonno chiede a sua figlia di staccare un assegno in favore della nipote. Egli intendeva così, manifestare concretamente il suo affetto e contribuire ad alleviare un pochino la precarietà di una ragazza, della quale fino ad oggi certamente non si era occupato quello stesso Stato che, invece, inflessibilmente si è presentato nei giorni delle nozze per porgergli come regalo una sanzione per la sua famiglia, punendo un trasferimento di denaro effettuato, in ambito familiare e con spirito di liberalità, solo per consentire alla giovane discendente di meglio affrontare le esigenze della quotidianità.
Nessuno, ovviamente, intende minimizzare l’importanza della criticità proposta della mancata apposizione di una clausola di non trasferibilità su un assegno “riciclato”, ma non si può immaginare di sanzionare un anziano correntista che deteneva da molti anni un blocchetto degli assegni privo dell’indicazione prestampata della clausola “non trasferibile” che, solo per mera svista, la figlia delegata ad operare non ha provveduto ad inserire all’atto della firma dell’assegno.
Appare del tutto evidente come in questi casi una sanzione pecuniaria ingente come quella contestata sia da considerare sproporzionata ed inadeguata per colpire la reale pericolosità ed insidiosità del fatto commesso, soprattutto quando l’operazione contestata è un’unica operazione, non è stata effettuata con modalità torbide e non integra, neanche astrattamente, ipotesi di riciclaggio. Tale operazione rappresenta solo una consueta attività di sostegno solidaristico familiare, assai diffuso nel contesto di quelle famiglie italiane che non meritano di vedersi attribuire queste ingiuste contestazioni.
Parafrasando Abraham Lincoln, il miglior modo per far apprezzare una legge consiste nel saperla non applicare burocraticamente: lo Stato, una volta acclarata l’estraneità in attività criminali di cittadini burocraticamente sanzionabili, sappia archiviare queste contestazioni e, conservando la credibilità del sistema, rispetti tanti onesti cittadini colpiti in questi mesi da medesime vicende sul territorio nazionale, nonché quell’anziano signore che ha lavorato tanti anni in questo Paese contribuendo alla sua prosperità e dal quale non deve essere deluso prima di passare a miglior vita.
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