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Antieconomicità. Rettifica IVA con limiti

12 Maggio 2014silvanaNews

Impossibile applicare direttamente i principi espressi in materia d’imposizione diretta con riguardo al tema dell’antieconomicità all’interno dell’IVA

Il principio secondo cui, in tema di imposte sui redditi, rientra nei poteri dell’Amministrazione Finanziaria la valutazione di congruità dei costi e dei ricavi indicati nel bilancio e nella dichiarazione, anche se non sono state ravvisate irregolarità nella tenuta della scritture contabili o vizi negli atti giuridici d’impresa, con conseguente rettifica nel caso in cui un costo appaia sproporzionato rispetto ai ricavi o all’oggetto dell’impresa, non può essere esteso al settore dell’IVA dove il potere di disconoscere i costi portati in detrazione è legato a elementi concreti da cui poter desumere l’inattendibilità delle fatture o la non inerenza di esse all’attività d’impresa. Ne deriva che l’Ufficio non può rettificare l’IVA sulla base dell’asserita antieconomità dei comportamenti aziendali, salvo non si tratti di operazioni inesistenti, sovrafatturazioni o un più ampio contesto di abuso del diritto. È quanto si ricava dalla sentenza n. 10041/14 della Corte di Cassazione (Sezione VI – T).

Il caso. La controversia ha riguardato una rettifica di maggior reddito a carico di una SRL. A detta dell’Ufficio, la società aveva sottofatturato alcune vendite di immobili e ceduto un credito a importo molto inferiore al valore. Da qui la contestazione di comportamenti antieconomici che è apparsa però infondata ai giudici tributari di primo e di secondo. Ciò ha indotto l’Ufficio a intraprendere il giudizio di cassazione.

Osservazioni della S.C
. La ricorrente Agenzia delle Entrate ha lamentato la violazione e falsa applicazione dell’articolo 39 comma 1 del D.P.R. n. 600/73 e dell’articolo 2967 c.c., in relazione all’articolo 360 comma 1 n. 3 c.c., per avere la CTR ritenuto insindacabile la cessione del credito, “una volta acclarato che non si trattava di atti fittizi o simulati”, e per avere altresì ritenuto che l’Ufficio non fosse riuscito a dimostrare, come era suo onere, l’antieconomicità della vendita degli immobili.

Ebbene, la S.C. giudica infondate le doglienze della difesa erariale, confermando così il verdetto impugnato. La sentenza n. 10041/14 chiarisce che i comportamenti assolutamente contrari ai canoni dell’economia, rimasti inspiegati dal contribuente, autorizzano l’accertamento dell’Ufficio, quindi il giudice che lo consideri illegittimo deve specificare con argomenti validi (come è accaduto nel caso di specie n.d.r.) perché il comportamento non è sintomatico di violazioni fiscali. L’Ufficio, in caso di contestazione di operazioni antieconomiche, non può invece rettificare l’IVA detratta sugli acquisti, “a meno che non si tratti di operazioni inesistenti, di sovrafatturazioni o di un più ampio contesto di abuso del diritto”. Ciò perché la regola sull’antieconomicità è propria dell’imposizione diretta e per estenderla all’IVA è necessario osservare tutti i principi enunciati in materia dalla Corte di Giustizia UE, “a tenore dei quali, in via generale, non è consentita alcuna limitazione al diritto di detrazione” (vedi anche Cass. n. 22130/2013 secondo cui non è possibile applicare direttamente e automaticamente i principi espressi in materia di imposizione diretta con riguardo al tema dell’antieconomicità all’interno dell’IVA, “a ciò ostando la particolare natura del tributo da ultimo descritto, tutto correlato al principio di neutralità che si esprime attraverso il riconoscimento ad ogni fornitore o prestatore di servizio che ha corrisposto l’IVA per l’acquisto di beni o servizi di detrarre l’IVA relativa ai costi sostenuti secondo il noto meccanismo della detrazione. Infatti, il sistema delle detrazioni è inteso ad esonerare interamente l’imprenditore dall’IVA dovuta o pagata nell’ambito di tutte le sue attività economiche”.).

La sentenza n. 10041/14 rileva, infine, che sulle vendite asseritamente sottocosto, il giudice di merito ha fornito una propria valutazione sul mancato assolvimento dell’onere probatorio da parte dell’Ufficio, sicché la censura per cassazione avrebbe dovuto riguardare altro motivo riguardante l’illogicità della sentenza, rispetto a quello di violazione e falsa applicazione di legge.

Autore: Redazione Fiscal Focus

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Dott.ssa Silvana Bruce

Dott.ssa Silvana Bruce

Titolare delle studio B&G Italia S.r.l. & Partners Collaboratrice diretta dell’Ambasciata Argentina – Dipartimento Sviluppo Economico

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