Diverse sono le pronunce di merito e legittimità che hanno tentato nell’ultimo decennio di individuare la corretta portata del divieto, sancito dalla norma, di emanare un avviso di accertamento prima dello scadere del termine di sessanta giorni dalla chiusura della verifica fiscale, nonché le casistiche in cui possono rinvenirsi (da parte dell’Organo accertatore, ma anche del giudice del processo) i casi di particolare e motivata urgenza, richiesti dalla norma medesima.
Sotto tale ultimo profilo, risulta particolarmente interessante il pensiero della Suprema Corte desumibile dalla lettura della sentenza della Sez. Trib. n. 2587 del 05/02/2014.
L’interpretazione delle Sezioni Unite. Sul punto in questione si erano, peraltro, pronunciate le Sezioni Unite, circa sei mesi prima, con la nota sentenza n. 18184 del 29/07/2013.
L’Alto Consesso, riconoscendo il rilevo costituzionale delle norme statutarie, aveva in tale occasione affermato che l’inosservanza del termine dilatorio di sessanta giorni per l’emanazione dell’avviso di accertamento determina di per sé, salvo che ricorrano specifiche ragioni di urgenza, la illegittimità dell’atto impositivo emesso ante tempus, poiché detto termine è posto a garanzia del pieno dispiegarsi del contraddittorio procedimentale.
Tuttavia, per la medesima Corte, il vizio invalidante non consiste nella mera omessa enunciazione nell’atto dei motivi di urgenza che ne hanno determinato l’emissione anticipata, bensì nell’effettiva assenza di detto requisito (esonerativo dall’osservanza del termine), la cui ricorrenza, nella concreta fattispecie e all’epoca di tale emissione, deve essere provata dall’Ufficio.
Afferma, infine, la Corte, che è onere dell’Amministrazione Finanziaria “provare la sussistenza (all’epoca) del requisito esonerativo dal rispetto del termine e, dunque, in definitiva, al giudice, a seguito del dibattito processuale (e senza, perciò, che il contribuente subisca alcuna menomazione del diritto di difesa), stabilire l’esistenza di una valida e ‘particolare’ – cioè specificamente riferita al contribuente e al rapporto tributario in questione – ragione di urgenza, idonea a giustificare l’anticipazione dell’emissione del provvedimento”.
La sentenza n. 2587 del 05/02/2014. La tesi delle Sezioni Unite viene ripresa anche dalla Sezione Tributaria nella pronuncia n. 2587/2014; in tale occasione, la Corte condivide il comportamento dell’Agenzia (censurato, di contro, nei due gradi del giudizio di merito), la quale aveva dedotto che le ragioni per cui era stata anticipata la notificazione dell’atto impositivo impugnato consistevano nelle reiterate condotte penali tributarie riscontrate in capo alla società contribuente.
Ritiene, più in dettaglio, che il pericolo derivante da reiterate condotte fraudolente è, in astratto, un’indubitabile e valida ragione d’urgenza atta a giustificare l’anticipazione della notifica dell’atto impositivo in deroga al termine imposto dall’art. 12, co. 7 dello Statuto, tanto più nel caso esaminato emerso dal verbale di verifica, ove viene evidenziata la partecipazione della medesima società a un’organizzata frode in danno all’Erario, descritta in narrativa della stessa sentenza impugnata.
La specifica riferibilità delle ragioni d’urgenza. Secondo la Corte, il giudice di merito, piuttosto che respingere acriticamente la riconducibilità della situazione avanzata dall’Ufficio ai motivi di urgenza, avrebbe dovuto verificare se tale ragione d’urgenza potesse, come si esprimono le Sezioni Unite, essere (come probabilmente era alla luce dei fatti narrati) “specificamente riferita al contribuente e al rapporto tributario in questione”.
In tal senso, peraltro, la Suprema Corte si era già pronunciata, stabilendo la legittimità dell’accertamento anticipato emesso nei confronti di una “cartiera”: con la sentenza 27911 del 13/12/2013, infatti, i giudici di legittimità avevano stabilito che il requisito dell’urgenza sussiste quando il contribuente verificato risulta essere implicato in attività fraudolente funzionali alla c.d. “evasione da riscossione”. In tali circostanze, secondo la Corte, risulta impossibile “rinviare l’emanazione dell’atto, proprio per impedire il protrarsi del meccanismo e per garantire la salvaguardia degli interessi erariali, gravemente pregiudicati dall’intreccio di operazioni” fittizie o fraudolente.
La nota dell’Agenzia delle Entrate. Peraltro, l’Agenzia delle Entrate anticipava tale filone interpretativo con la nota del 14 ottobre 2009, n. 142734; il documento di prassi individua espressamente la particolare urgenza nei casi in cui sussistano pericoli di perdita del credito erariale, nonché nelle fattispecie di accertamenti connessi alla consumazione di reati tributari.
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