La pronuncia non passata in giudicato che accerti l’illegittimità di un avviso di accertamento lascia in piedi la possibilità di misure cautelari a tutela del possibile credito erariale?
A questo quesito potrebbero presto dare risposta le Sezioni Unite Civili della Cassazione, in forza dell’ordinanza interlocutoria n. 14849 del 30 giugno 2014 emessa dalla Sesta Sezione Civile – T.
Ad avviso della Sesta Sezione Civile – T, “la sentenza tributaria che accoglie il ricorso del contribuente e annulla l’atto impositivo priva, sia pure non via definitiva (non essendosi ancora formato il giudicato), del supporto di un atto amministrativo legittimante la pretesa tributaria, che non può più formare oggetto di alcuna forma di riscossione provvisoria”.
In caso di accoglimento del ricorso, l’articolo 68, II comma, del D.Lgs. n. 546/92 stabilisce addirittura che il tributo eventualmente corrisposto in eccedenza rispetto a quanto statuito dal giudice tributario di primo grado deve essere rimborsato d’ufficio entro novanta giorni dalla notificazione della sentenza (non ancora passata in giudicato), con i relativi interessi previsti dalle leggi fiscali.
È evidente, quindi, – si legge nell’ordinanza in argomento – che “la legge vuole che la situazione patrimoniale del contribuente non sia pregiudicata da un atto amministrativo che il giudice competente ha valutato illegittimo; neppure sotto il limitato profilo di un diritto dell’Amministrazione a trattenere quanto versato, magari anche spontaneamente, dal contribuente. Dunque non ha alcuna legittimazione una ‘reiscrizione’ del credito in ruolo straordinario”.
Questa conclusione appare rispondente al principio “di parità delle armi” sancito dall’articolo 111 della Costituzione. Infatti, spiegano gli Ermellini, quando si entra nell’ambito del processo, le parti devono essere collocate “in condizione di parità”, davanti a giudice terzo e imparziale, e questa parità sarebbe lesa se si consentisse all’Amministrazione di continuare a esercitare una pretesa che sia stata disattesa e dichiarata illegittima dal giudice. La parità non può invece dirsi lesa laddove la legge prevede che i provvedimenti cautelari emessi dal giudice rimangano operativi fino alla definitiva decisione di merito.
Ebbene, esistendo un indirizzo contrario a quello accolto con l’ordinanza n. 14849/14 – in quanto si ispira al principio che la pronuncia non passata in giudicato, che accerti l’illegittimità di un avviso di accertamento, non travolge tutti gli effetti dell’avviso stesso ma lascia in piedi la possibilità di misure cautelari a tutela del possibile credito erariale -, i giudici della Sesta Sezione Civile – T ritengono opportuno un intervento chiarificatore e hanno quindi chiesto al Primo Presidente di valutare l’opportunità di devolvere la questione alle Sezioni Unite, in considerazione dell’importanza delle questione stessa.
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