Premessa – Anche se ad oggi, non si sa quanti imprenditori abbiano deciso di agire nel nuovo regime IRI ed anche se manca ancora un documento di prassi da parte dell’Agenzia delle Entrate che fornisca chiarimenti su questo nuovo regime fiscale, il quale si presenta (soprattutto per gli addetti del settore) di non semplice comprensione e gestione, il Legislatore intanto interviene già sulla normativa di riferimento con un’importante integrazione che riguarda il trattamento delle riserve di utili in caso di fuoriuscita dal regime.
In sede di premessa è utile ricordare che, il regime in commento è stato introdotto, dal 1° gennaio 2017, con la Legge n. 232/2016 (Legge di Bilancio 2017), che aggiunge il nuovo art. 55-bis al TUIR, con l’obiettivo dichiarato di incentivare la patrimonializzazione delle piccole e medie imprese e rendere più neutrale il sistema di tassazione rispetto alla forma giuridica con cui l’attività è esercitata.
Scegliere di applicare l’IRI significa tassare con aliquota flat del 24% il reddito (utile) che si lascia in azienda e nell’assoggettare ad IRPEF il reddito che l’imprenditore decide, invece, di prelevare. Si tratta, dunque, un tipo di “tassazione separata” dove le somme prelevate dall’imprenditore o distribuite ai soci “sono portate a deduzione dal reddito d’impresa”.
In altre parole, la base imponibile IRI è data da (+) Reddito d’esercizio (+/-) Variazioni aumento/diminuzione come da TUIR (-) Somme erogate ai soci o prelevate dall’imprenditore per utili o riserve di utili, entro il limite della sommatoria degli imponibili IRI dell’anno e degli esercizi precedenti, al netto delle perdite riportabili a nuovo.
È un regime opzionale e non obbligatorio cui possono accedere solo le imprese individuali, le società di persone (Snc ed Sas) e le Srl a ristretta base proprietaria. È applicabile già dal 2017 con comunicazione da eseguirsi nel Modello Unico/2018 e la scelta ha durata “vincolante” di 5 anni ed è rinnovabile, pertanto chi vi entra nel 2017 vi resterà fino al periodo d’imposta 2021 o prima in caso di cessazione dell’attività nel quinquennio.
Il credito d’imposta in caso di fuoriuscita – Come detto, tra i soggetti che possono accedere al regime in commento vi rientrano anche le Società di Persone e le Srl a ristretta base proprietaria. Ad ogni modo, la normativa prevede che, se a scegliere l’IRI sia ad esempio una Società di Persone, non troverà applicazione (per tutta la durata del regime stesso) la trasparenza fiscale (regime proprio di tale tipo di compagini sociali), il che sta significando, nell’arco dei 5 anni di durata dell’IRI, l’utile lasciato in società (non distribuito) non sarà imputato per trasparenza ai soci, ma sarà assoggettato ad IRI del 24%.
Ma cosa succede nel caso in cui al termine dei 5 anni di durata del regime, la società non dovesse rinnovare la scelta e, quindi, fuoriuscire dall’IRI? Come saranno trattati gli utili formatisi durante il regime in commento ma distribuiti solo dopo esserne usciti? Poiché hanno già scontato l’IRI, nel momento in cui verranno distribuiti saranno tassati nuovamente in capo ai soci?
E cosa succede nel caso in cui si fuoriesce dall’IRI non per mancato rinnovo della scelta dopo i 5 anni, ma perché durante il quinquennio di durata si cessa l’attività?
A risolvere (almeno per ora) i dubbi in merito, ci ha pensato il Legislatore con una misura ad hoc contenuta nell’art. 58 del D. L. n. 50/2017, che aggiunge all’art. 55 – bis del TUIR un nuovo comma (il 6 – bis), con cui in pratica si stabilisce che in caso di fuoriuscita dal regime o anche a seguito di cessazione dell’attività, le somme prelevate a carico delle riserve di utili formate nei periodi d’imposta di applicazione IRI, nei limiti in cui le stesse sono state assoggettate a tassazione separata, concorrono a formare il reddito complessivo dell’imprenditore, dei collaboratori o dei soci; ai medesimi soggetti è riconosciuto un credito d’imposta in misura pari all’imposta.
Dunque, al fine di evitare una doppia imposizione, la norma prevede che gli utili formatesi nel periodo di applicazione del regime ma distribuiti solo dopo la fuoriuscita, concorreranno SI a formare il reddito complessivo del socio (e quindi tassati ai fini IRPEF in capo a questi) ma al tempo stesso è riconosciuto al socio un credito d’imposta pari all’IRI già scontata su quella parte di utile che fu lasciato in società.
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