Si tratta di regole già conosciute, in quanto non sono altro che una riedizione della rivalutazione prevista dall’articolo 1, commi da 140 a 147, della legge n.147/2013, con piccole modifiche riguardanti le modalità di versamento delle imposte sostitutive e la possibilità di avere, limitatamente ai beni immobili, il riconoscimento dei maggiori valori iscritti in bilancio a partire dal 1° dicembre 2018, anziché a decorrere dal terzo esercizio successivo a quello in cui la rivalutazione è stata eseguita.
Ambito soggettivo – Usufruiscono delle nuove norme le società di capitali e gli enti pubblici e privati, compresi i trust, che hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali, i quali possono rivalutare i beni d’impresa e le partecipazioni, esclusi gli immobili merce, risultanti dal bilancio dell’esercizio in corso al 31 dicembre 2015 e siano ancora presenti nel bilancio successivo sul quale la rivalutazione è eseguita.
Nella legge, al comma 562, si richiamano, in quanto compatibili, le disposizioni degli articoli 11, 13, 14 e 15 della legge 21 novembre 2000, n. 342, quelle del D. M. 13 aprile 2001, n. 162, quelle del D. M. 19 aprile 2002, n. 86 nonché le norme previste dai commi 475, 477 e 478 dell’articolo 1 della legge n. 311/2004. Tutte queste disposizioni, in sostanza, riguardano il regolamento recante le modalità di attuazione delle disposizioni tributarie in materia di rivalutazione dei beni delle imprese e del riconoscimento fiscale dei maggiori valori iscritti in bilancio, applicato nelle precedenti rivalutazioni. Deve essere evidenziato che, l’espresso riferimento all’articolo 15 della legge, n. 342/2000, comporta che rientrano tra i soggetti che possono rivalutare anche gli imprenditori individuali e le società di persone sia in contabilità ordinaria che semplificata.
Il riconoscimento del maggiore valore – Va ricordato che la rivalutazione deve essere eseguita nel bilancio relativo al periodo d’imposta 2016. Inoltre il riconoscimento fiscale dei maggiori valori, iscritti a seguito della rivalutazione, avviene mediante il versamento di una imposta sostitutiva delle imposte sui redditi, dell’Irap e delle eventuali addizionali nella misura del 16 per cento per i beni ammortizzabili, tra i quali vi rientrano i beni immateriali, e del 12 per cento per altri beni. Ai fini delle imposte sui redditi e dell’Irap, il maggior valore attribuito ai beni in sede di rivalutazione, si considera riconosciuto a partire dal terzo periodo d’imposta successivo a quello con riferimento al quale la rivalutazione è stata eseguita, ossia, per i soggetti “solari”, dal 2019.
Il saldo attivo di rivalutazione – L’articolo 9 del decreto di attuazione n.162/2001 e l’articolo 4 del decreto n.86/2002, dispongono che, anche ai fini fiscali, il saldo attivo risultante dalla rivalutazione deve essere imputato a capitale o accantonato in una speciale riserva designata con riferimento alla legge. La citata riserva può essere ridotta solo con l’osservanza delle disposizioni dei commi 2 e 3 dell’art.2445 c. c.. Nell’ipotesi di utilizzo della riserva per la copertura di perdite d’esercizio, non si possono distribuire utili fino a quando la riserva stessa non è reintegrata o ridotta in misura corrispondente con deliberazione dell’assemblea straordinaria.
Il saldo di rivalutazione, anziché imputarlo a capitale o a riserva, può essere in tutto o in parte assoggettato a imposta sostitutiva delle imposte sui redditi, dell’Irap e di eventuali addizionali nella misura del 10 per cento. Ne consegue che dopo l’affrancamento il saldo di rivalutazione può essere liberamente distribuito ai soci.
Beni immateriali – Tra i beni che possono essere rivalutati rientrano i beni immateriali consistenti in diritti giuridicamente tutelati, vale a dire i diritti di brevetto industriale e diritti di utilizzazione delle opere dell’ingegno, i diritti di concessione, licenze, marchi, know how, altri diritti simili iscritti nell’attivo del bilancio.
Non possono essere rivalutati, le immobilizzazioni immateriali costituite da meri costi pluriennali, quali, per esempio, l’avviamento, le spese di pubblicità, le spese di ricerca e di sviluppo e i costi di impianto e di ampliamento. D’altro canto, occorre puntualizzare che, per i principi contabili, dette spese non sono considerati diritti giuridicamente tutelati, ma sono costi che non esauriscono la loro utilità nell’esercizio in cui sono sostenuti e sono diversi dai beni immateriali. Inoltre le spese di pubblicità e di ricerca non sono più capitalizzabili e, quindi, iscrivibili nell’attivo dello stato patrimoniale tra le immobilizzazioni immateriali.
Le norme sulla rivalutazione impongono che la rivalutazione non si effettua su un singolo bene, ma deve riguardare tutti quelli appartenenti alla stessa categoria omogenea, intesa come comunanza di genere e natura. Inoltre la rivalutazione deve essere eseguita utilizzando un unico criterio.
Con riguardo ai beni immateriali, ogni singolo bene costituisce categoria omogenea.
L’OIC 24 – In tema di rivalutazione, è necessario tenere conto anche delle regole disposte dall’OIC 24 attinente le immobilizzazioni immateriali.
Il principio contabile dispone che, le immobilizzazioni immateriali, costituite da beni immateriali, possono essere rivalutate solo nei casi previsti dalla legge. Non sono ammesse rivalutazioni discrezionali o volontarie ovvero rivalutazioni che non derivino dall’applicazione della legge.
I criteri e le metodologie da seguire per operare la rivalutazione, sono dettate dalle leggi di rivalutazione. Se la legge nulla dispone circa i criteri, le metodologie e i limiti da adottare, la rivalutazione può essere effettuata in conformità al principio generale di rappresentazione veritiera e corretta del bilancio.
Il limite massimo della rivalutazione di un bene immateriale è il valore recuperabile dell’immobilizzazione stessa che in nessun caso può essere superato.
Il valore di rivalutazione fiscale – Per espressa previsione normativa contenuta nell’articolo 11, comma 2, della legge n.342/2000, dunque, ciascun bene può essere rivalutato e iscritto in bilancio o in inventario ad un valore non superiore a quello effettivamente attribuibile in base ai criteri ed agli elementi:
In sostanza, si deve tenere conto del degrado fisico e del deperimento economico dovuto ad obsolescenza del bene. Ne consegue che il valore del bene da rivalutare deve essere determinato con il criterio:
Ciò porta a sostenere che non è possibile procedere alla rivalutazione dei beni il cui valore è già corrispondente a quello massimo.
Infine, fermo restando il rispetto dei principi civilistici di redazione del bilancio, la rivalutazione può essere eseguita imputando il maggiore valore solo al bene, incrementando sia il valore del bene sia il fondo di ammortamento ovvero riducendo il valore di quest’ultimo.
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