Il Decreto Internazionalizzazione è intervenuto sull’art. 47 e sull’art. 89 del TUIR prevedendo una nuova forma di credito d’imposta a fronte dei dividendi provenienti da paradisi fiscali.
La novella deve essere ben accolta in quanto viene eliminato un fenomeno distorsivo che si verificava allorquando il Paese estero prevede un livello impositivo non prossimo allo zero, pur rientrando nell’alveo dei paradisi fiscali (in passato nel D.M. 21.11.2001).
Attualizzando la questione, possiamo ipotizzare il caso di un paese cfc con un carico impositivo del 15%, pertanto inferiore al 50% di quello italiano fissato in 15,7% (ires + irap )/2].
Se il reddito estero viene tassato per trasparenza, verrà concesso un credito a fronte delle imposte ivi pagate. Supponendo che la base imponibile sia di 1.000 e che sia uguale sia in Italia che all’estero, nel paradiso fiscale si pagherà 150 ed in Italia 125, ossia la differenza tra l’IRES e l’imposta estera che viene per l’appunto scomputata come credito.
È appena il caso di ricordare che in questa circostanza la successiva distribuzione di dividendi non sconterà tassazione alcuna.
Se, al contrario, in luogo della tassazione per trasparenza opera l’esimente di tipo a) ossia quella relativa allo svolgimento di un’attività industriale o commerciale, il successivo dividendo distribuito sarà tassato integralmente.
Rimanendo sempre nel nostro esempio, il dividendo sarà pari a 850, ossia il reddito imponibile che assimiliamo all’utile di bilancio e la ritenuta operata.
In Italia avremo un’Ires di 233.75 ossia il 27.5% di 850. Il carico fiscale complessivo sarà quindi pari a 383.75 ossia 233.75 +150.
È evidente dall’esempio proposto che la tassazione per trasparenza risulta più conveniente in quanto è possibile fruire del credito d’imposta.
Il decreto internazionalizzazione è intervenuto sul tema prevedendo che il socio italiano possa beneficiare di un credito d’imposta anche sul dividendo a condizione che sia soddisfatta l’esimente di tipo a). In sostanza, l’imposta estera (nel nostro caso 150) viene portata in aumento della base imponibile del dividendo e poi in diminuzione come credito.
Il conteggio è il seguente: (850 + 150) *27.5% – 150 = 275 – 150 = 125.
In questo modo si ottiene una tassazione analoga a quella che si avrebbe in ipotesi di tassazione per trasparenza.
Purtroppo la norma, a ben vedere in modo inspiegabile, concede questo credito solo in ipotesi di partecipazioni di controllo e non anche di collegamento. La ratio non è chiara in quanto si penalizza proprio il caso del collegamento dove, a seguito dell’abrogazione dell’art. 168 del tuir e quindi della tassazione per trasparenza, l’imposizione integrale dei dividendi sarà sempre più frequente.
La circolare 35 ha per forza confermato questa impostazione. Del resto, la lettera della norma non lascia spazio ad altre interpretazioni.
La circolare fornisce un importante chiarimento in relazione al momento in cui deve essere verificata l’esimente di tipo a). Viene, infatti, chiarito che la sussistenza della prima esimente deve ricorrere sia nel periodo d’imposta in cui gli utili sono stati realizzati dalla società controllata estera, sia nel periodo d’imposta, eventualmente successivo, in cui sono distribuiti e tassati in capo al socio (con fruizione del credito indiretto).
La circolare, inoltre, prende atto che la previsione del credito non è accordata al contribuente che invece dell’esimente a) può invocare l’esimente b).