Per definizione, la società cartiera è una società costituita ad hoc per consentire ad altre imprese di evadere le tasse. Caratteristica fondamentale di una società cartiera è la sua durata, in quanto solitamente viene costituita per operare nel corso di un breve lasso di tempo, ossia il tempo strettamente necessario a porre in essere un determinato schema fraudolento, di solito 1-2 anni.
Nelle su citate operazioni, ricadono le fattispecie criminose di cui agli articoli 2 e 8 D.Lgs. n. 74/2000, rispettivamente “dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti”, ed “emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti”.
La sentenza Taricco – La pronuncia della Grande Chambre della Corte di Giustizia Europea, meglio conosciuta come sentenza “Taricco” determina a carico degli Stati membri non solo l’obbligo di adottare tutte le misure legislative e amministrative idonee a garantire che l’IVA dovuta nei loro rispettivi territori sia interamente riscossa, ma anche quello di combattere la frode.
Si legge, infatti, nel comunicato stampa rilasciato dalla Corte di Giustizia «secondo l’articolo 325 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea, gli Stati membri devono lottare, con misure dissuasive ed effettive, contro le attività illecite lesive degli interessi finanziari dell’Unione e, in particolare, prendere le stesse misure che adottano per combattere la frode lesiva dei loro propri interessi finanziari».
Rammenta ancora la Corte «il bilancio dell’Unione è finanziato, tra l’altro, dalle entrate provenienti dall’applicazione di una aliquota uniforme agli imponibili IVA armonizzati, ragion per cui esiste un nesso diretto tra la riscossione di tali entrate e gli interessi finanziari dell’Unione».
Il giudice nazionale è quindi tenuto a verificare, alla luce di tutte le circostanze di diritto e di fatto rilevanti, se le disposizioni nazionali applicabili consentano di sanzionare in modo effettivo e dissuasivo i casi di frode grave che ledono gli interessi finanziari dell’Unione.
Si legge ancora nel comunicato “in materia di reati tributari, in ordine all’obbligo di disapplicazione della disciplina della prescrizione prevista dagli articoli 160 e 161 del codice penale, se ritenuta idonea a pregiudicare gli obblighi imposti a tutela degli interessi finanziari dell’Unione Europea, presuppone, da un lato, l’esistenza di un procedimento penale riguardante “frodi gravi”, la cui gravità va desunta da tutti i criteri previsti dall’articolo 133, primo comma, del codice penale; dall’altro l’ineffettività della complessiva disciplina sanzionatoria in un numero considerevole di casi di frode grave, da valutarsi in relazione alle fattispecie concrete oggetto del singolo giudizio, considerando il numero e la gravità dei diversi episodi di frode per i quali si procede, nonché il contesto complessivo e le ragioni di connessione fra gli stessi”.
Nella pronuncia, si osserva come una normativa nazionale, in materia di prescrizione del reato come quella stabilita dall’articolo 160, ultimo comma, del codice penale, modificato dalla Legge n. 251/2005, e dall’articolo 161 del codice penale, è idonea a pregiudicare gli obblighi imposti agli Stati membri dall’articolo 325, paragrafi 1 e 2, TFUE nell’ipotesi in cui detta normativa nazionale impedisca di infliggere sanzioni effettive e dissuasive in un numero considerevole di casi di frode grave che ledono gli interessi finanziari dell’Unione Europea, o in cui preveda, per casi di frode che ledono gli interessi dello Stato membro interessato, termini di prescrizione più lunghi di quelli previsti per i casi di frode che ledono gli interessi finanziari dell’Unione Europea, circostanze che spetta al giudice nazionale verificare.
Pertanto, il giudice nazionale, è tenuto a dare efficacia all’articolo 325 TFUE, disapplicando ove necessario le disposizioni nazionali che abbiano per effetto di impedire allo stato membro interessato di rispettare gli obblighi imposti dal predetto articolo.
Recentemente, il Tribunale di Ravenna, con la sentenza n.142/17, depositata il 3 aprile 2017, pronunciandosi su un caso riguardante la cosiddetta frode carosello, ha precisato che l’intervenuta prescrizione fa venir meno il reato penale tributario anche nelle frodi in materia di IVA.
Il caso – Il caso trae origine dalla richiesta di rinvio a giudizio nei confronti di diversi soggetti chiamati a rispondere per il reato fiscale di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture e altri documenti per operazioni inesistenti, nonché di associazione a delinquere finalizzata alla cosiddetta frode carosello.
All’udienza, il PM, chiedeva l’emissione di sentenza di non luogo a procedere per intervenuta prescrizione nei confronti degli imputati.
In considerazione del fatto che i reati ascritti agli imputati risultano consumati tra il 2004 e il 2008, il Tribunale ha ritenuto tali reati prescritti essendo maturati i termini.
Si precisa inoltre che, con tale conclusione avrebbe potuto revocarsi in dubbio a seguito delle statuizioni contenute nella sentenza di giustizia UE dell’8 settembre 2015, (Grande Sezione) Taricco, dove, i giudici avevano ritenuto che la normativa italiana fosse lesiva degli interessi dell’Unione.
Il giudice, mette, inoltre, in rilievo l’ordinanza emessa dalla Corte Costituzionale n. 24 del 2017, che ha disposto di sottoporre alla Corte di giustizia dell’Unione europea, in via pregiudiziale alcune questioni interpretative derivanti dalla su citata sentenza.
In particolare, i giudici, condividono quanto precisato dalla Corte, secondo cui “il tempo necessario per la prescrizione del reato e le operazioni giuridiche da compiersi per calcolarlo devono essere il frutto dell’applicazione, da parte del giudice penale, di regole legali sufficientemente determinate”.
In conclusione, i giudici ritengono, che secondo quanto stabilito dalla Corte Costituzionale, devono essere applicati gli ordinari termini di prescrizione stabiliti dalle disposizioni vigenti all’epoca dei fatti.
wordpress theme by initheme.com