Questa interpretazione, peraltro, trova conferma nel rigore punitivo delle disposizioni introdotte di recente dalla Legge n. 148 del 2011 le quali hanno eliminato forme di attenuanti legate all’entità della somma sottratta all’imposizione, con ciò lasciando intendere (il legislatore) che la vera tutela da apprestare non è tanto quella di salvaguardare il patrimonio della Stato, quanto l’obbligo indifferenziato per i contribuenti di concorrere alle spese, attraverso “condotte virtuose di versamento delle imposte dovute”.
La S.C. fa però una precisazione: il legislatore speciale ha previsto la possibilità di una mitigazione della pena in caso di condanna per reati tributari (art. 13 del D.Lgs. n. 74 del 2000), introducendo una speciale ipotesi di risarcimento del danno conseguente al pagamento del debito tributario, anche se la riduzione originariamente prevista fino alla metà è stata, tre anni fa, circoscritta a un terzo per effetto della Legge 148 citata.
Condanna alle spese. Di questi principi di diritto, ad avviso dei giudici di legittimità, ha fatto buon governo il giudice del merito, sicché la sentenza gravata è stata confermata. Al ricorrente non resta che pagare le spese processuali.
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