La materia è attualmente regolamentata dal D.Lgs 18/11/2008, n. 195, che ha dato attuazione al regolamento CE n. 1889/2005.
La disciplina de qua in questi giorni è pervenuta alla ribalta della cronaca specializzata, in quanto alcuni Reparti della Guardia di Finanza avrebbero in corso degli approfondimenti su attività finanziarie dichiarate da taluni soggetti proprio nell’ambito della procedura di collaborazione volontaria.
L’obbligo dichiarativo – Ai sensi dell’art. 3 del D.Lgs n. 195/2008, “Chiunque entra nel territorio nazionale o ne esce e trasporta denaro contante di importo pari o superiore a 10.000 euro deve dichiarare tale somma all’Agenzia delle dogane. L’obbligo di dichiarazione non è soddisfatto se le informazioni fornite sono inesatte o incomplete”.
La norma citata prevede, quindi, un obbligo dichiarativo che deve essere osservato da chiunque si appresti ad uscire dallo Stato con somme di denaro contante (sia in euro che in valuta estera) pari o superiori a detta soglia, nonché da chi entri nel medesimo territorio con tali importi al seguito.
Modalità cartacea o telematica – Sotto il profilo prettamente documentale, sono previste due alternative per rispettare l’obbligo dichiarativo:
Regime sanzionatorio – Il regime sanzionatorio in materia valutaria poggia su due fondamentali disposizioni, una di natura prettamente sanzionatoria, l’altra cautelare.
Ai sensi dell’art. 9 del D.Lgs n. 195/2008, il trasferimento (consumato o tentato) di denaro contante da o verso l’estero, per un importo pari o superiore a 10.000 euro, in assenza della prescritta dichiarazione, è punito con una sanzione pecuniaria:
E’ in ogni caso prevista una sanzione minima pari a 300 euro.
Il precedente art. 6 del D.Lgs n. 195/2008 prevede una particolare ipotesi di sequestro amministrativo applicabile in ambito valutario; ai sensi della citata disposizione, in caso di trasferimento (consumato o tentato) di denaro contante oltre soglia, l’organo accertatore (Agenzia delle dogane o Guardia di finanza) deve sequestrare, l’eccedenza, nelle seguenti misure:
I controlli della GdF – Da indiscrezioni giunte alla ribalta dei quotidiani specializzati, sembra siano in corso approfondimenti ispettivi da parte della Guardia di Finanza, su persone fisiche che hanno presentato dichiarazione per la collaborazione volontaria, facendo emergere attività finanziarie per importi ingenti detenute all’estero.
Al di là delle considerazioni di natura “politica” che tale modus operandi potrebbe suscitare, tanto da rendere ancor meno appetibile la già poco sfruttata procedura della “voluntary bis”, a termini tuttora pendenti, non ci risulta essere stata diramata alcuna istruzione dai vertici del Corpo, finalizzata a “fare le pulci” alle procedure di collaborazione già avviate; per cui i controlli e gli approfondimenti sulla subiecta materia potrebbero ben esser frutto di scelte ispettive estemporanee (si badi bene, legittime sotto il profilo normativo) di qualche Reparto territoriale.
Il problema nasce dal fatto che, probabilmente per clamorosa svista, il legislatore, nell’approntare le “coperture” offerte dall’istituto in questione (in termini di esimenti, o di riduzioni sanzionatorie), si è concentrato più sugli aspetti prettamente fiscali e penali tributari, trascurando invece le conseguenze derivanti dall’applicazione della materia valutaria.
Di conseguenza, rimane in linea generale priva di copertura normativa (nei suddetti termini), tra l’altro, ogni pratica di trasferimento di somme di denaro contante all’estero per importo pari o superiori a 10.000, ancorché destinate a costituire proprio quelle attività finanziarie estere, oggetto poi di voluntary disclosure.
Un esempio per chiarire – La logica sottesa alle inseguite contestazioni è evidente, anzi banale: se tizio dichiara (nell’abito della voluntary) di possedere 200.000 euro depositati in un conto svizzero, mai dichiarati a quadro RW, impegnandosi ad effettuarne il rientro, è plausibile che questo denaro sia pervenuto, in qualche modo, nel territorio elvetico, e l’esperienza insegna che difficilmente per tali trasferimenti vengano utilizzati canali leciti, tracciati o controllati.
Detta così, il legislatore sembrerebbe aver introdotto (in modo più o meno consapevole) disposizioni dall’amaro sapore di un “condono a metà”; ossia disposizioni che, dettate dalle solite esigenze di cassa, introducono una procedura in parte premiale per il contribuente infedele, ma che cela in sé una “trappola” particolarmente insidiosa e odiosa, tanto da mettere in discussione l’intero istituto della collaborazione volontaria.
Argomenti difensivi – Nella consapevolezza, si ribadisce, che i controlli de quibus derivino da scelte ispettive estemporanee, va comunque evidenziato come non sia così scontata la possibilità di una contestazione di eventuali illeciti commessi in violazione della normativa valutaria, se non altro per un paio di considerazioni che vengono di seguito proposte.
Riparto dell’onere probatorio
Come si è accennato, la disciplina sanzionatoria sostanziale applicabile in materia valutaria è contenuta nel D.Lgs n. 195/2008, mentre le relative norme procedurali vanno rinvenute, per lo più, nel DPR n. 148/1988 e in parte nella Legge n. 689/1981 (a seguiti di specifici richiami normativi).
Per le violazioni dell’obbligo dichiarativo di cui all’art. 3 del citato D.Lgs n. 195/2008 non è previsto alcun regime presuntivo; ciò significa che la Guardia di Finanza, nel contesto di un controllo ex post, come quelli che emergerebbero a seguito della dichiarazione di collaborazione volontaria, non può legittimamente presumere che le disponibilità dichiarate in tale sede derivino da precedenti trasferimenti al seguito di denaro contante sopra soglia.
Ad ogni buon conto, il soggetto ispezionato potrà il linea generale difendere la propria posizione asserendo di:
Prescrizione delle violazioni valutarie
Le violazioni alla disciplina valutaria sono soggette alla prescrizione quinquennale, in generale prevista per le violazioni amministrative; lo dispone espressamente l’art. 9 del D.Lgs n. 195/2008, il quale fa espresso rinvio all’art. 24 del D.P.R. n. 148/1988.
In base alla norma da ultimo citata, la prescrizione decorre dal giorno in cui è stata commessa la violazione, fatti salvi i casi di sospensione e interruzione.
La citata disposizione ben può far comprendere come, nell’ambito di un controllo ex post, finalizzato alla contestazione dei trasferimenti all’estero di denaro contante detenuto per anni oltre frontiera in violazione alla normativa sul monitoraggio fiscale, tutti i trasferimenti oltre soglia effettuati oltre il precedente quinquennio (anche dichiarati come tali dal soggetto controllato) non possano essere più perseguiti per intervenuta prescrizione.
Anche tale argomento, pertanto, potrà essere efficacemente introdotto dal contribuente controllato, se del caso, in sede difensiva.
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