Le ragioni della “fuga” dalla contabilità semplificata
A seguito della completa riformulazione dell’art. 66 in rassegna le rimanenze non concorrono più alla determinazione del reddito. Le rimanenze in magazzino al 31 dicembre 2016 devono essere considerate in deduzione, quale costo, in un’unica soluzione all’inizio dell’anno 2017. Tale circostanza determina con molte probabilità una rilevante perdita di esercizio senza che sussista la possibilità di riportare a nuovo la stessa negli esercizi successivi.
Conseguentemente se il contribuente riesce a smaltire nell’anno 2018 l’invenduto degli anni precedenti, non potrà confrontare con i ricavi realizzati il costo delle rimanenze imputato, come ricordato, al solo anno 2017. Pertanto l’intero ammontare dei ricevi conseguiti negli anni successivi si tradurrà in un reddito di pari ammontare al netto delle sole spese generali. Tali effetti sfavorevoli hanno indotto in molti casi i contribuenti ad optare per la contabilità ordinaria.
Il vincolo “triennale”
Come anticipato i contribuenti erano convinti che l’uscita dalla contabilità semplificata avrebbe dato luogo ad un obbligo di permanenza nel regime ordinario di un solo anno. Tuttavia l’Agenzia delle entrate ha fornito una soluzione diversa osservando come si applichi il vincolo triennale.
L’Amministrazione finanziaria ha motivato la soluzione ricordando la distinzione tra i regimi contabili ed i regimi di determinazione del reddito. La durata e quindi il vincolo di permanenza in un regime contabile diverso da quello naturale trova indicazione nell’art. 3 del D.P.R. n. 442/1997. In questo caso la scelta effettuata vincola il contribuente per un solo anno. Viceversa la durata della scelta per un criterio di determinazione del reddito diverso da quello naturale è di tre anni e trova disciplina nell’art. 18 del D.P.R. n. 600/1973.
L’Agenzia delle entrate ha ritenuto che la scelta per la contabilità ordinaria dia luogo, di fatto, all’applicazione di criteri di determinazione del reddito diversi rispetto a quelli previsti per la contabilità semplificata.
Innanzitutto i ricavi devono assumono rilevanza solo all’atto dell’incasso e non devono essere determinati in base al principio di competenza. In base al regime contabile ordinario le rimanenze concorrono ai fini della determinazione dell’imponibile fiscale. Viceversa per le imprese in contabilità semplificata le rimanenze di magazzino sono escluse da tale partecipazione. Inoltre, per i contribuenti in contabilità semplificata alcuni componenti negativi sono completamente indeducibili. In buona sostanza il reddito viene determinato con criteri radicalmente diversi e tali da giustificare, secondo l’Agenzia delle entrate, la previsione del vincolo triennale. L’art. 18, almeno sulla base della predetta interpretazione, risulterebbe a tutt’oggi pienamente in vigore ed applicabile.
L’Agenzia delle entrate ha però chiarito, per coloro che hanno optato per la contabilità ordinaria con decorrenza dall’inizio dell’anno 2017, la possibilità di revocare la scelta precedente dall’inizio dell’anno 2018. In questa circostanza, cioè in occasione del passaggio dal “vecchio” al nuovo sistema, sarebbe possibile derogare, in via eccezionale, al vincolo triennale. La soluzione è stata individuata dalla Circ. n. 11/E del 2017 anche in considerazione delle significative modifiche apportate al regime di contabilità semplificata. Tuttavia se la scelta di uscita dal regime ex art. 66 del TUIR dovesse essere effettuata dal 1° gennaio 2018 il vincolo triennale troverà piena applicazione.
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