Sia la giurisprudenza di legittimità che la prassi dell’Amministrazione Finanziaria sono concordi nel ritenere che mentre nella vendita vi è l’ordinario svolgimento del ciclo produttivo dell’impresa e la successiva immissione nel mercato del bene realizzato, nell’appalto la realizzazione del bene avviene su richiesta del committente (prodotto su ordinazione).
In sostanza, nell’appalto il prodotto su ordinazione costituisce un quid novi rispetto alla produzione ordinaria dell’imprenditore mentre nella vendita si ha il trasferimento di un bene “ordinariamente” prodotto dall’impresa.
La posizione della giurisprudenza – Recente giurisprudenza (vedi Cassazione Civile, Sez. II (Sent. ), 30. 04. 2012, n. 6636), confermando i precedenti orientamenti, ha stabilito che si è in presenza d’un contratto d’appalto o d’opera se l’oggetto effettivo e prevalente dell’obbligazione assunta dal produttore-venditore è la realizzazione d’un opus unicum od anche d’un opus derivato dalla serie, ma oggetto di sostanziali adattamenti o modifiche a richiesta del destinatario, laddove la fornitura della materia è un semplice elemento concorrente nel complesso della realizzazione dell’opera e di tutte le attività a tal fine intese. La Corte di Giustizia UE con la sentenza C-111/2005, depositata il 29 marzo 2007, è intervenuta sulla questione, stabilendo la differenza fra fornitura di beni con posa in opera e le prestazioni di servizi, specificando i requisiti che il contratto deve possedere per essere qualificato come una fornitura.
La posizione dell’Amministrazione Finanziaria – L’Amministrazione Finanziaria, in riferimento alla lettera a), comma 6, dell’art. 17, D.P.R. 633/1972, ha chiarito che le prestazioni di fornitura di beni con posa in opera sono escluse dall’applicazione del “Reverse charge”, qualora la posa in opera assuma una funzione accessoria rispetto alla fornitura del bene (cfr. C.M. n.37/E/2006).
In tali casi, infatti, l’operazione si configura come cessione di beni e non come prestazione di servizi.
Sempre nel documento di prassi richiamato, l’Amministrazione Finanziaria ha ricordato che il contratto d’appalto e la prestazione d’opera, entrambi riconducibili nel novero delle prestazioni di servizi, hanno in comune alcuni elementi e presentano delle differenze in altri aspetti.
Nella recente R.M. 25/E/2015, riguardante l’applicazione dell’aliquota IVA agevolata alla cessione e installazione di infissi, l’Amministrazione Finanziaria ha chiarito che nei “contratti di “cessione con posa in opera”, l’obbligazione di dare (cessione) prevale su quella di fare (prestazioni di servizi)”. Si tratta in sostanza della produzione di un bene con caratteristiche standardizzate, seppur tenendo conto di semplici variazioni di misura in relazioni alle specifiche esigenze di ogni singolo cliente, e di cederli con posa accessoria.
L’Amministrazione Finanziaria già con la Risoluzione n. 3600009 del 5 luglio 1976, ha avuto modo di precisare che – in assenza di clausole contrattuali che obblighino l’assuntore a realizzare un quid novi rispetto all’ordinaria serie produttiva – è considerato contratto di vendita di beni la fornitura, anche se con posa in opera, di impianti di riscaldamento, condizionamento d’aria, infissi etc., qualora il fornitore sia lo stesso fabbricante o chi fa abitualmente commercio di detti prodotti.
Con la C.M. 14/E/2015 viene ribadito che devono ritenersi escluse dal Reverse charge le forniture di beni con posa in opera in quanto tali operazioni, ai fini IVA, costituiscono cessioni di beni e non prestazioni di servizi, poiché la posa in opera assume una funzione accessoria rispetto alla cessione del bene (cfr. anche risoluzioni n. 148/E del 28 giugno 2007, n. 164/E del 11 luglio 2007 e n. 172/E del 13 luglio 2007).
www.fiscal-focus.info/fisco/reverse-charge-escluse-le-cessione-di-beni-con-posa-in-opera,3,27302
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