Negli anni il limite alla circolazione del contante è stato soggetto a numerosi interventi. Le soglie previste sono state ritoccate dal legislatore in un saliscendi di norme, ora volte a concedere maggiore libertà negli scambi, ora decisamente più restrittive.
Se, infatti, fino al 29 aprile 2008 la soglia è stata quella dei 12.500 euro, dal 30 aprile 2008 al 24 giugno 2008 la stessa si è abbassata a 5.000 euro, per poi riportarsi sul precedente limite dei 12.500 euro fino al 30 maggio 2010.
Successivamente è iniziata la stretta alla circolazione del contante, con interventi che hanno progressivamente abbassato la soglia oltre la quale scatta l’obbligo di utilizzo di strumenti di pagamento tracciabili.
Se, infatti, fino al 12 agosto la soglia è stata riportata ai 5.000 euro, successivamente il limite è stato portato a 2.500 euro (dal 13 agosto 2011 al 5 dicembre 2011) e, infine, a 1.000 euro.
Con la legge di stabilità 2016 (legge 28 dicembre 2015, n. 208) la soglia è stata nuovamente aumentata ed è stata innalzata a 3.000 euro.
Questa sorta di “schizofrenia” legislativa è stata dettata da due opposte esigenze: da un lato contrastare l’evasione fiscale e il riciclaggio di denaro, e, dall’altro, non contrarre eccessivamente i consumi.
La situazione attuale
Dal 1° gennaio 2016 sarà possibile ricorrere al contante per transazioni fino a 2.999,99 euro: oltre tale limite continua ad operare l’obbligo di utilizzare strumenti di pagamento tracciabili.
Nulla cambia con riferimento, invece, alle altre norme: i professionisti, infatti, saranno sempre tenuti a comunicare le eventuali operazioni ultra-soglia, così come saranno sempre irrogabili le sanzioni finora previste.
Il frazionamento delle operazioni
Continuano inoltre a trovare piena applicazione anche le norme in tema di operazioni frazionate.
Ai sensi dell’art. 1 del D.Lgs. n.231/2007 un’operazione frazionata è “un’operazione unitaria sotto il profilo economico, di valore pari o superiore ai limiti stabiliti dal presente decreto, posta in essere attraverso più operazioni, singolarmente inferiori ai predetti limiti, effettuate in momenti diversi ed in un circoscritto periodo di tempo fissato in sette giorni ferma restando la sussistenza dell’operazione frazionata quando ricorrano elementi per ritenerla tale”
Si può parlare, pertanto, di operazione frazionata quando un’unica transazione, ad esempio di importo pari a 4.000 euro, è effettuata in due tranches, ognuna di importo inferiore al limite attualmente previsto di 3.000 euro.
In primo luogo è necessario sottolineare che, come chiarito dal Mef nelle risposte alla stampa specializzata del 11.11.2013, non esiste alcun automatismo riguardo al lasso di tempo dei 7 giorni richiamato dalla norma.
Pertanto, se i due pagamenti riferiti alla stessa operazione intervengono a distanza di 8 giorni l’uno dall’altro ciò non vale ad escludere il frazionamento. Allo stesso modo, qualora tra i due momenti trascorra un lasso di tempo inferiore ai 7 giorni ciò non vale a qualificare l’operazione come unica.
A rilevare è infatti soltanto il complesso dell’operazione: se emerge un intento elusivo delle norme in tema di circolazione del contante, l’operazione sarà ritenuta sempre unitaria.
È inoltre necessario ricordare che è in ogni caso ammesso il pagamento di importo complessivo pari superiore a 3.000 € in rate inferiori al limite previsto quando il frazionamento è connaturato all’operazione stessa oppure è la conseguenza di un preventivo accordo tra le parti.
Pertanto, dal 1° gennaio 2016 sarà possibile pagare una fattura di importo pari a 5.000 euro anche in tre rate in contanti a 30-60-90 giorni, ognuna di importo inferiore al limite dei 2.999,99 euro, se la modalità di pagamento è frutto di un preventivo accordo riportato in fattura o in un separato accordo.
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