È quanto emerge dalla sentenza n. 373/15, pubblicata il 13 gennaio dalla Sesta Sezione Civile-T della Suprema Corte.
La controversia è originata da una cartella di pagamento concernente sanzioni amministrative in materia tributaria irrogate dalla Prefettura capitolina.
L’atto di riscossione è stato annullato dal Tribunale di Roma, in accoglimento del ricorso proposto dal contribuente avverso la sentenza del Giudice di pace invece favorevole all’amministrazione. Da qui il ricorso per cassazione, con cui il contribuente ha lamentato con successo la violazione di legge in relazione al capo della sentenza di secondo grado riguardante la regolazione delle spese processuali.
Le spese processuali, infatti, sono state compensate dal Tribunale facendo leva sulla circostanza che la parte pubblica aveva omesso di costituirsi in giudizio; ma tale modus operandi, a detta del ricorrente, aveva finito per scaricare sul cittadino il costo dell’inefficienza della P.A., tanto più in materia di riscossione coattiva di crediti per sanzioni amministrative “in relazione alla quale l’applicazione rigorosa del criterio della soccombenza finisce per essere espressione primaria del diritto di difesa che spetta ad ogni cittadino”.
Ebbene, la Suprema Corte ha ritenuto fondato il ricorso, posto che non può avere rilievo alcuno, ai fini dell’applicazione della disciplina fissata nell’art. 92 cod. pro. civ., “la circostanza che la parte che ha dato causa al processo abbia poi omesso di costituirsi in esso e comunque di dispiegare attività difensiva, condotta alla quale va attribuita valenza totalmente neutra perché inidonea a costituire indice di esclusione del dissenso e addirittura di adesione all’avversa richiesta”; semmai il comportamento dell’amministrazione può essere considerato espressione di mera indifferenza rispetto alle ragioni di economia che dovrebbero indurre le parti (specie quelle pubbliche) all’adozione di ogni cautela volta a evitare inutili dispendi di energia processuale.
La causa è stata pertanto rinviata al Tribunale di Roma, che dovrà nuovamente pronunciarsi sulla regolazione delle spese.
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