Il nome – Quanti ‘non addetti ai lavori’ innanzi all’acronimo ‘Xbrl’ si saranno chiesti cosa significhi? Da dove ha origine questo appellativo? A cosa serve? La Fondazione commercialistitaliani ha recentemente posto un focus sulla questione, portando a proprio sostegno persino il Sommo Poeta. “Definire l’espressione ‘matta bestialitade’ è così difficile che lo stesso autore è costretto a chiedere aiuto a Virgilio, suo personale ed inarrivabile Maestro, il quale offre un saggio della sua conoscenza in uno dei Canti più complessi e dibattuti della Divina Commedia. L’amato Dante ci perdonerà l’irriverenza se, imbattendoci nell’espressione Xbrl, abbiamo pensato di essere nelle stesse difficoltà”, ha esordito la Fondazione nel proprio focus. “Xbrl significa ‘exstensible business reporting language’. La trasformazione delle quattro parole in quattro consonanti incomprensibili è nata dalla sciocca abitudine italica di nomare le cose con la lingua degli altri, anziché con la propria. E pensare che un personaggio di un romanzo di Thomas Mann, afferma che gli angeli, in cielo, parlano la lingua italiana”.
Cos’è? – In sostanza, Xbrl è da qualche mese un termine frequente nei discorsi e nelle riflessioni in merito ai bilanci d’esercizio. Infatti, a partire da una specifica direttiva comunitaria, dallo scorso 4 marzo la nota integrativa al bilancio d’esercizio delle società di capitali deve essere predisposta e depositata presso il Registro delle Imprese nel formato Xbrl, vale a dire un linguaggio informatico con una classificazione delle voci contabili definita tassonomia. “Quando abbiamo udito per la prima volta questa strana parola, ci siamo un po’ spaventati. Oddio! – ci siamo detti – non avremo mica la tassonomia alta? Al di là dell’ironia, ciò che maggiormente sconcerta è l’incontinenza burocratica che pare non avere fine. Un inestinguibile delirio di adempimenti che la collassante economia italiana non è più in grado di reggere. Usiamo la parola “delirio” esclusivamente nel suo senso etimologico di ‘uscire dal solco’. Altro non è, del resto, la continua richiesta di fare le cose dalla sera alla mattina”, continua la Fondazione. Il parere è che la disposizione avrebbe dovuto avere a disposizione molto più tempo di quello effettivamente riconosciuto, al fine di permettere un’assimilazione in primis dalle software house, poi dai professionisti. “Il mondo, immaginiamo, non avrebbe sofferto se l’Xbrl avesse interessato i bilanci del 2015 anziché quelli del 2014, né lo avrebbe fatto l’economia. E inseguire la continua pioggia legislativa che non consente mai una adeguata formazione è sempre più difficoltoso e pericoloso”.
I cambiamenti – Detto questo, la Fondazione si chiede cosa sia cambiato rispetto al passato. “Con il nuovo formato in Xbrl, sono necessarie mediamente venti pagine, contro le otto precedenti, per dire esattamente le stesse cose! E il tempo di redazione è passato da quattro a dodici ore! Non osiamo pensare alle complicazioni che inevitabilmente sorgeranno nella trasmissione del bilancio e dei suoi annessi, al Registro delle Imprese. Perché si può essere bravi quanto si vuole nel redigere un bilancio d’esercizio ma se non si sa trasmettere, si è dei perfetti signor nessuno. Siamo tentati dall’idea di cancellarci dall’Ordine dei Commercialisti e di fondare l’Albo dei Trasmettitori e degli Esperti Contabili. E, impigliati nella rete dell’eucrazia con l’aria sempre più rarefatta, siamo tentati anche dal chiedere aiuto, affinché qualcuno si adoperi per rallentare l’incessante diluvio burocratico. Ma noi, lo sappiamo già, non avremo la stessa fortuna che Dante ha avuto con Virgilio”.
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