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Prima casa. Col preliminare si perde il beneficio

30 Luglio 2014silvanaNews

Cassazione Tributaria, ordinanza depositata il 29 luglio 2014

Nel caso di vendita infraquinquennale, la sottoscrizione del solo preliminare di compravendita entro il termine per il riacquisto di un’altra abitazione principale non dà diritto alle agevolazioni fiscali cosiddette “prima casa”. È quanto emerge dall’ordinanza 29 luglio 2014, n. 17151, della Corte di Cassazione (Sesta Sezione Civile – T).

Ricorre per cassazione l’Agenzia delle Entrate e lamenta l’erroneità della sentenza con cui la CTR della Lombardia ha riconosciuto il diritto del contribuente al mantenimento delle agevolazioni prima casa, nonostante la vendita infraquinquennale dell’immobile.

Secondo l’Amministrazione, il contribuente è decaduto dal beneficio fiscale in questione per avere alienato l’immobile entro cinque anni dall’acquisto, procedendo poi, nell’anno successivo, alla conclusione di un contratto preliminare di acquisto di altra abitazione principale, non seguito, entro il medesimo anno, dalla stipulazione dell’atto di trasferimento dell’immobile stesso.

Secondo la CTR, invece, “il legislatore, effettivamente, quando parla di ‘acquisto’ ovvero di ‘riacquisto’ non fa alcun riferimento ad un atto traslativo con effetti reali” sicché, in ipotesi come quelle di specie, occorre valorizzare il dato sostanziale delle effettiva presa di possesso dell’immobile da parte del contribuente, a prescindere dal momento di produzione dell’effetto traslativo legato al contratto definitivo.

Investita dell’esame della controversia, la Suprema Corte ha sposato la tesi dell’Agenzia delle Entrate.

Osservazioni della S.C. Gli Ermellini osservano che il contratto preliminare di compravendita non produce che effetti obbligatori, mentre l’effetto traslativo della proprietà, ex art. 1376 c.c., deriva dal contratto definitivo o dalla sentenza costitutiva che di esso tiene luogo, ai sensi dell’art. 2932 c.c.

La giurisprudenza civile, osservano ancora i supremi giudici, mostra di tener ferma questa fondamentale distinzione nel momento in cui, per esempio, ritiene che debbano escludersi dalla comunione legale fra coniugi i beni con riferimento ai quali il contratto di trasferimento sia stato stipulato dopo lo scioglimento della comunione stessa, pur se il preliminare sia stato stipulato da uno dei coniugi in costanza di comunione (cfr. Cass. n. 12466/12). Tale soluzione non può che valere anche per l’ambito tributario.

Il significato letterale dell’espressione “acquisto di altro immobile da adibire a propria abitazione principale”, quale elemento previsto ai fini della conservazione dell’agevolazione fiscale si cui si discute, rimanda univocamente alla necessità di porre in essere un negozio traslativo del diritto di proprietà di un immobile. Infatti, l’acquisto rilevante ai fini dell’ultima parte del quarto comma della nota II bis all’articolo 1 della Parte Prima della Tariffa allegata al T.U. Registro può anche essere a titolo gratuito o può anche riguardare una quota indivisa di un immobile (purché di entità tale da garantire la concreta possibilità di disporre del medesimo per adibirlo a propria abitazione), “ma non è dubitabile che per ‘acquisto’ si deve intendere l’acquisizione del diritto di proprietà, e non la mera insorgenza del diritto di concludere un contratto di compravendita”.

La sentenza gravata si fonda pertanto su un principio di diritto errato
. Da qui la decisione degli Ermellini di cassarla senza rinvio, con addebito al contribuente delle spese del giudizio di legittimità.

Autore: Redazione Fiscal Focus

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Dott.ssa Silvana Bruce

Dott.ssa Silvana Bruce

Titolare delle studio B&G Italia S.r.l. & Partners Collaboratrice diretta dell’Ambasciata Argentina – Dipartimento Sviluppo Economico

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