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L’IRI per l’imprenditore individuale

7 Novembre 2016silvanaNews

TASSE

Premessa – Con l’art. 55-bis del testo (in bozza) della Legge di Stabilità 2017, il Legislatore vuole introdurre (a decorrere dal periodo d’imposta 2017) un nuovo regime di tassazione (separata) per il reddito d’impresa. Si tratta della c.d. IRI (Imposta sul reddito d’impresa), la quale si sostanzia nell’applicare un’aliquota fissa del 24% per il reddito che resta in impresa e non prelevato dall’imprenditore. Dunque, in questo modo:

  • il reddito rimasto in azienda sarà tassato al 24% (e non concorrerà formare il reddito complessivo Irpef);
  • il reddito prelevato dall’imprenditore sarà assoggettato ad IRPEF (secondo gli scaglioni vigenti).

Si tratta di un regime di imposizione opzionale, cui potranno accedere esclusivamente gli imprenditori individuali, le società in nome collettivo e in accomandita semplice in regime di contabilità ordinaria. Pertanto, per l’esercizio dell’opzione (che dovrà avvenire in dichiarazione dei redditi, ad esempio nel Modello Unico/2018, per chi vuole accedere già a decorrere dal 2017) è necessario che l’impresa operi in regime di contabilità ordinaria (anche se per opzione). Avrà durata di 5 anni ed è rinnovabile.

La convenienza per la ditta individuale – Scegliere l’IRI come regime di tassazione avrà l’inevitabile conseguenza che sulla parte di reddito rimasto in azienda, l’imprenditore non potrà far valere eventuali oneri deducibili/detraibili personali.

Da ciò è possibile intuire, che forse il regime in commento poco potrebbe essere conveniente per l’imprenditore individuale ed in particolare per i piccoli imprenditori, i quali del reddito derivante dalla propria ditta ci traggono quasi del tutto sostentamento per se e la propria famiglia.

Si consideri, ad esempio, un imprenditore individuale che ha una media annua di reddito lordo che si aggira intorno ai 30.000 euro e che ha parecchi oneri personali da poter detrarre/dedurre dall’Irpef (detrazione familiari a carico, mutuo per la casa, università per i figli, spese mediche, assegno al coniuge, ecc.). Tale soggetto molto probabilmente non avrà tanta convenienza ad optare per l’IRI poiché poco sarà il reddito d’impresa che lascerà in azienda, visto che questi rappresenta la sua principale fonte di mantenimento. Per un soggetto del genere, l’IRI può essere certamente considerata di scarso interesse.

Cosa diversa, invece potrebbe essere per un imprenditore individuale con reddito lordo annuo che si aggira intorno ai 50.000 euro e che conduce un tenore di vita normale per se e per la propria famiglia. Per tale soggetto, lasciare una parte della predetta somma (ad esempio 20.000) in azienda comporterebbe il vantaggio di assoggettarlo ad un’aliquota del 24% e assoggettare ad Irpef gli altri 30.000 euro su cui poter far valere anche gli oneri deducibili/detraibili personali.

Autore: PASQUALE PIRONE. Redazione Fiscal Focus.

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Dott.ssa Silvana Bruce

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Titolare delle studio B&G Italia S.r.l. & Partners Collaboratrice diretta dell’Ambasciata Argentina – Dipartimento Sviluppo Economico

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