In realtà, da tale data bisogna comunque verificare se per caso la società beneficia di un regime fiscale privilegiato in quanto, oltre al D.M.21.11.2001 la disciplina cfc opera anche se si ricade in un regime fiscale speciale di un Paese comunque non rientrante nel decreto.
Un Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate avrebbe dovuto aiutare il contribuente con una lista non esaustiva. Tale provvedimento non ha tuttavia mai visto la luce per cui ci si deve arrangiare nella individuazione di eventuali situazioni sensibili.
Il riferimento, quindi, non viene fatto al regime fiscale ordinario dello Stato, ma ad un eventuale regime speciale.
La C.M. 35/E/2016, infatti, ha dato in via meramente esemplificativa e non esaustiva una definizione di quali debbano essere considerati regimi fiscali speciali considerando tali tutti i regimi fiscali di favore che, in linea di principio, presentano i seguenti requisiti:
a) si applicano alla generalità dei contribuenti che integrano i requisiti soggettivi o oggettivi richiesti dalla norma istitutiva del regime;
b) determinano una riduzione delle aliquote d’imposta applicabili ovvero, pur non incidendo direttamente sull’aliquota, prevedono esenzioni o altre riduzioni della base imponibile idonee a ridurre sostanzialmente il prelievo nominale.
A titolo esemplificativo, possono essere inclusi tra i regimi speciali quelli che concedono una riduzione di aliquota rispetto a particolari settori o aree territoriali (zone franche o free zone), ovvero in relazione a determinate attività (come quelle finanziarie, agricole, turistiche) o destinate a particolari categorie di soggetti (ad esempio, le micro imprese o le piccole medie imprese), oppure per un determinato arco temporale (come, talvolta, avviene nella fase di avvio dell’attività), o fino al conseguimento di una soglia minima di reddito imponibile, ovvero ancora quelli che garantiscano la detassazione dei redditi derivanti da attività svolte all’estero. Analogamente, però, la circolare ritiene che rientrino nell’accezione di “regimi speciali” anche i regimi fiscali che prevedono deduzioni nozionali che, seppur incidendo formalmente sulla base imponibile, si traducono in una riduzione dell’aliquota sul reddito prodotto dalla cfc.
Il regime fiscale ordinario di Singapore potrebbe presentare un’aliquota nominale inferiore al 50% di quella italiana, ma per il 2015 non troverà applicazione la disciplina cfc; se invece Singapore prevede un regime fiscale speciale con un’aliquota inferiore al 50% di quella italiana, pur essendo stato espunto dal D.M. 21/11/2001 trova applicazione la disciplina cfc.
Dal 2016 le cose cambiano nuovamente perché sparisce la black list di cui al D.M. 21.11.2001 ed entra in gioco, oltre al criterio dei regimi speciali già operante dal 30.3.2015, anche il criterio del regime ordinario di tassazione nominale inferiore al 50% di quello italiano.
Ebbene, facendo la media aritmetica ponderata delle aliquote di tassazione previste in Singapore con la soglia del milione di euro, così come previsto dalla C.M. 35/E/2016, emerge che il predetto livello è inferiore al 15,7% ossia al 50% dell’IRES e dell’Irap determinando nuovamente il reingresso di Singapore nel mondo dei cattivi.
Cosa accadrà dal 2017 non è al momento prevedibile. La riduzione dell’aliquota Ires dal 27.5% al 24% faciliterà un’eventuale nuova uscita, tuttavia giocheranno anche le aliquote nominali effettivamente previste a Singapore nel 2017 che potrebbero muoversi verso un inasprimento della tassazione e quindi favorire la fuoriuscita, oppure addolcire la tassazione e spingere quindi il Paese a rimanere tra quelli a fiscalità ordinaria privilegiata.
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