A tal proposito, infatti, si ricorda, che il regime in commento è da scegliere (non è obbligatorio). Volendo fornire un riepilogo, si tratta di un regime di tassazione (sostitutiva) che prevede l’applicazione di un’aliquota flat del 24% (pari a quella IRES in vigore dal 2017) sulla parte di reddito (utile), che l’imprenditore decide di non prelevare, ma di lasciare in azienda. Vi possono accedere solo le imprese individuali, società di persone (SNC e SAS) e le srl che hanno optato per la trasparenza fiscale. La condizione fondamentale per potervi accedere, tuttavia, è che si operi in contabilità ordinaria (anche per scelta). La ratio dell’obbligo di tenuta della contabilità ordinaria se si vuole agire nell’IRI, sta nel fatto che l’applicazione del regime implica la necessità di dover rilevare contabilmente i prelievi di utili o riserve di utili.
Dunque, se a scegliere l’IRI è una ditta individuale, il reddito che il titolare deciderà di NON prelevare NON concorrerà alla formazione del suo reddito complessivo ai fini IRPEF, ma verrà tassato con aliquota del 24 % (il reddito prelevato, invece, concorrerà al suo imponibile IRPEF secondo le ordinarie regole). Se a scegliere l’IRI è una società (di persone o srl trasparente) per tutta la durata del regime non troverà applicazione la trasparenza fiscale, il che significa che l’utile non distribuito nel periodo d’imposta sarà tassato con l’aliquota flat del 24% (l’IRI sarà assolta dalla società), mentre solo l’utile effettivamente distribuito al socio concorrerà alla formazione del suo reddito complessivo IRPEF e tassato in capo a questi secondo gli ordinari scaglioni di reddito.
Il regime IRI è immediatamente applicabile già dal periodo d’imposta 2017 con scelta è da comunicarsi all’Agenzia delle Entrate in sede di Modello Redditi/2018 (periodo d’imposta 2017). Ha durata (vincolate) per 5 periodi d’imposta ed è rinnovabile.
La convenienza all’IRI– Scegliere di entrare nell’IRI, deve essere ben ponderato da parte dell’imprenditore o dei soci della società e ciò per un motivo molto semplice ma altrettanto importante: sul reddito lasciato in azienda (e tassato con l’IRI), l’imprenditore non potrà far valere eventuali oneri personali/familiari, detraibili/deducibili (interessi mutuo, detrazioni familiari a carico, detrazione spese ristrutturazione, ecc.).
Così ad esempio, nel caso di un imprenditore individuale che vive esclusivamente della propria impresa e che ha numerosi oneri da detrarre/dedurre (mutuo, detrazioni per coniuge e figli a carico, ecc.) l’IRI potrebbe non risultare conveniente, poiché se è vero che da un lato sottrae alla tassazione IRPEF il reddito lasciato in azienda (tassandolo con aliquota fissa del 24% ossia di un punto percentuale più altro rispetto a quella del 23% prevista per il primo scaglione di reddito) dall’altro su quel reddito non potrà godere delle detrazioni/deduzioni fiscali per i predetti oneri (per un esempio di valutazione si veda in fondo).
Per le società la convenienza ad optare per l’IRI dipende, invece, in modo particolare da quale sia la strategia aziendale eseguita. Così, ad esempio, per una società che consegue utili elevati e per gran parte utilizzati per autofinanziarsi, vi potrà essere convenienza ad entrare nell’IRI (non trovando, infatti, applicazione il regime della trasparenza fiscale, in questo modo i soci non fanno concorrere l’utile societario non distribuito al loro reddito complessivo IRPEF sottraendolo alle aliquote previste per gli scaglioni più elevati e lasciandolo tassare solo con l’aliquota flat del 24%).
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