Ad ogni modo, entrambe le tipologie di spesa sono indicate nella fattura che il professionista emette a fronte del compenso ricevuto per l’attività espletata ed a seconda del caso concorrono o non concorrono a formare la base imponibile IRPEF ed IVA.
Le spesa di trasferta – Per le spese di vitto e alloggio, sostenute fuori dal Comune di domicilio fiscale, e le spese a “forfait” non analiticamente documentate (indennità di trasferta, rimborsi chilometrici, ecc.) in genere i documenti di spesa sono intestati al professionista stesso, il quale poi si fa rimborsare dal cliente/committente indicandole in fattura. In base all’attuale normativa, in tal caso la spesa, costituisce compenso per il professionista, ed in quanto tale, dunque, concorre alla formazione dell’imponibile su cui calcolare la ritenuta d’acconto (del 20%); alla formazione dell’imponibile IVA (22%) ed alla formazione della base imponibile per il calcolo della rivalsa previdenziale. Tuttavia, al professionista è riconosciuta la possibilità di dedurre tali spese dal proprio reddito di lavoro autonomo, nella misura del 75% della spesa sostenuta e non oltre il 2% dei compensi percepiti durante l’anno (art. 54 TUIR). Proprio con riferimento alla citata regola di deducibilità, una misura ad hoc contenuta nel Jobs Act degli Autonomi potrebbe portare tali spese ad essere integralmente deducibili (già dal 2017). Cosa diversa, invece, è quando il documento di spesa è intestato al committente/cliente. In tal caso, le spese in esame non costituiscono compenso per il professionista (non vanno riportate da questi in fattura e sono deducibili direttamente dal committente che le ha sostenute).
Riguardo poi le spese di viaggio (biglietto ferroviario, aereo, ecc.), se documentate sono interamente deducibili ai fini IRPEF (concorrono a formare la base imponibile IRPEF ed IVA del professionista che le addebita in fattura). Tuttavia, ai fini dell’integrale deducibilità occorre dimostrane l’inerenza all’attività espletata (ad esempio il conferimento dell’incarico da cui scaturisce la necessità di effettuare la trasferta per il suo assolvimento).
Le spese esenti – Le spese che il professionista anticipa per conto del cliente per poi riaddebitarle a questi in fattura (come ad esempio i valori bollati) non rappresentano compenso per il professionista e come tali non concorrono all’applicazione della ritenuta d’acconto; non concorrono alla formazione della base imponibile per il calcolo della rivalsa previdenziale ed alla formazione della base imponibile IVA (art. 15 DPR 633/1972).
E’ opportuno ricordare, anche che per Avvocati e Studi Legali è da considerarsi la possibilità di includere o meno in fattura le spese generali ex. art. 13, comma 10, L. 247/2012, la cui misura è stabilita nell’art. 2 del D.M. n. 55/2014. Infatti, a Legge Forense (31 dicembre 2012, n. 247) stabilisce che “Oltre al compenso per la prestazione professionale, all’avvocato è dovuta, sia dal cliente in caso di determinazione contrattuale, sia in sede di liquidazione giudiziale, oltre al rimborso delle spese effettivamente sostenute e di tutti gli oneri e contributi eventualmente anticipati nell’interesse del cliente, una somma per il rimborso delle spese forfetarie”. L’art 2 del DM n. 55/2014 in Gazzetta Ufficiale dal 2.4.2014 ha stabilito che detto rimborso venga determinato di regola nel 15% della somma spettante a titolo di compensi. Che siano evidenziate a parte, o che siano già sommate ai compensi, detti rimborsi spese, come le altre spese imputabili alla pratica ma non costituenti “anticipazioni” vanno assoggettate a contributo Cassa Forense ed IVA, esattamente come i compensi.
wordpress theme by initheme.com