Intanto, va ricordato che l’articolo 6 del D. L. n. 193/2016, consente la definizione agevolata dei carichi affidati agli agenti della riscossione negli anni compresi tra il 2000 e il 2015.
Aderendo alla procedura il debitore può pagare solo le somme iscritte a ruolo a titolo di capitale, di interessi legali e, inoltre, quelle dovute a titolo di remunerazione del servizio di riscossione, ossia l’aggio, il rimborso delle spese per le procedure esecutive nonché il rimborso delle spese di notifica della cartella di pagamento.
Non devono essere corrisposte le somme dovute a titolo di:
Per accedere all’agevolazione, il debitore deve provvedere al pagamento integrale delle somme indicate in precedenza. E’ ammesso il pagamento dilazionato, entro il limite massimo di quattro rate sulle quali si applicano gli interessi.
Il contribuente, quindi, deve rendere apposita dichiarazione all’agente della riscossione entro il 22 gennaio 2017. Detta dichiarazione è redatta con le modalità e in conformità alla modulistica che lo stesso agente della riscossione pubblica sul proprio sito entro l’8 novembre 2016. Nella dichiarazione il soggetto interessato deve indicare il numero di rate, entro il limite massimo di quattro, nonché la pendenza di giudizi aventi ad oggetto i carichi cui si riferisce la dichiarazione. Con la dichiarazione il debitore si assume l’impegno a rinunciare agli stessi giudizi.
Il giudizio pendente – Il fatto di rinunciare al proseguimento del giudizio pendente, comporta un’attenta valutazione della controversia in atto, al fine di verificare se vi è convenienza di aderire alla definizione agevolata ovvero alimentare il contenzioso.
Si premette che, nel contenzioso tributario è previsto che la proposizione del ricorso non sospende gli effetti giuridici dell’atto impugnato, in quanto gli Uffici sono legittimati a riscuotere le somme dovute sulla base del provvedimento impositivo notificato. In proposito, l’articolo 15, comma 1, del Dpr n. 602/1973, dispone, nei fatti, che una volta notificato l’atto impositivo, l’ente creditore forma il ruolo a titolo provvisorio, per la riscossione di un terzo degli importi indicati nell’atto stesso a titolo di imposte, contributi, premi e relativi interessi. La norma, in realtà, tratta delle imposte sui redditi, ma stante il rinvio operato dall’articolo 25 del D. Lgs n. 446/1997 alle regole contenute nel Dpr n. 602/1997, l’iscrizione a titolo provvisorio riguarda anche l’Irap. Inoltre, per effetto dell’articolo 23, comma 1, del D Lgs n. 46/1999, la disciplina di cui al citato articolo 15, si applica anche all’Iva.
Occorre, infine, osservare che, a partire dal 1° luglio 2011, ai sensi dell’articolo 29 del D. L. n. 78/2010, gli accertamenti sono divenuti esecutivi, con la conseguenza che viene eliminata la fase dell’iscrizione a ruolo, ma il contribuente ha l’obbligo di versare gli importi nella percentuale, indicata nel menzionato articolo 15, entro il termine di proposizione del ricorso.
Non bisogna, poi, tralasciare il fatto che, ai sensi dell’articolo 68, del D. Lgs n. 546/1992, se il contribuente è soccombente in primo grado, il tributo risultante dall’atto impugnato, con i relativi interessi, deve essere pagato per i due terzi, dopo la sentenza della commissione tributari provinciale che respinge il ricorso ovvero per l’ammontare risultante dalla sentenza della commissione tributaria provinciale, e comunque non oltre i due terzi, se la stessa accoglie parzialmente il ricorso.
Con riguardo alle sanzioni, l’articolo 19 del D Lgs n. 472/1997, dispone che la riscossione delle sanzioni, in presenza di ricorso, deve avvenire per i due terzi, dopo la sentenza della Commissione tributaria provinciale che respinge il ricorso, per l’ammontare risultante dalla sentenza di primo grado e, comunque, non oltre i due terzi, se la stessa accoglie parzialmente il ricorso e, infine, per il residuo ammontare determinato nella sentenza di secondo grado.
Osservazioni – Come già evidenziato, il contribuente che ha in atto un contenzioso tributario deve valutare se continuare il giudizio oppure usufruire della definizione agevolata relativa alla rottamazione delle cartelle, considerando che la definizione stessa comporta la rinuncia al giudizio.Si focalizza l’attenzione sul caso di un contribuente che ha ricevuto la notifica di un atto di accertamento contenente maggiori imposte per euro 179.944, 00, interessi per euro 31.873,12 e sanzioni per euro 180.460,00, per un totale complessivo di euro 392.277,12. A seguito della presentazione del ricorso, l’Agenzia delle entrate ha affidato all’agente della riscossione l’importo di euro 59.948,00 pari a 1/3 delle imposte, euro 10.624,00, pari a 1/3 degli interessi, oltre a spese di notifica per euro 8,75 ed aggio pari a euro 5.649,16, per un totale complessivo di euro 76.229,91.
Aderendo alla rottamazione delle cartelle, il contribuente dovrebbe versare l’importo di euro 76.229,91, anche dilazionato, rinunciando così al giudizio. Rimane il dubbio se la restante parte pari a euro 119.996,00 per imposte, euro 21.249,12 per interessi, oltre le sanzioni per euro 180.460,00, peraltro, non iscritte nei ruoli affidati all’agente della riscossione, vengono riscosse successivamente dall’Agenzia delle entrate.
Il dubbio deriva dal fatto che, la rottamazione delle cartelle, riguarda solo la parte delle imposte, degli interessi legali e della remunerazione del servizio di riscossione iscritti a ruolo, mentre non viene disposto circa “la destinazione” degli altri importi presenti nell’atto di accertamento non affidati al servizio di riscossione.
Inoltre, poiché le sanzioni non sono dovute se iscritte nei ruoli, ci si chiede se quelle contenute nell’atto di accertamento non ricompresi nei ruoli stessi, sono richieste per intero dall’Agenzia delle entrate ovvero vengono annullate a seguito dell’adesione, da parte del contribuente che aveva impugnato l’atto stesso, alla definizione agevolata.
E’ auspicabile, quindi, un intervento ufficiale al fine di dissipare i dubbi espressi.
wordpress theme by initheme.com