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DICHIARAZIONE INFEDELE SANZIONATA ANCHE SENZA IMPOSTA DOVUTA

13 Settembre 2016silvanaNews

UNICO

L’applicazione della sanzione per infedele dichiarazione, ancorata all’imposta evasa teorica, è oggetto di particolare attenzione sia da parte degli addetti ai lavori sia da parte della giurisprudenza, anche alla luce delle nuove regole che permettono di scomputare dall’imponibile accertato le perdite di periodo e le perdite pregresse. In realtà, l’utilizzo di dette perdite, porta spesso ad azzerare il maggior reddito accertato e, quindi, a non determinare “imposta evasa” per mancanza di base imponibile.
Sorge spontaneo chiedersi se la sanzione per infedele dichiarazione sia applicabile anche nel caso in cui il maggior reddito accertato risulti sterilizzato in presenza di perdite.Il concetto d’imposta evasa
Nel campo penale/tributario, l’articolo 1, comma 1, lettera f), del D.Lgs. n. 74/2000, definisce l’imposta evasa come differenza tra l’imposta in concreto dovuta e quella dichiarata o, al massimo, l’intera imposta dovuta in caso di omessa dichiarazione. Per effetto della riforma del sistema sanzionatorio di cui al D.Lgs. n. 158/2015, dunque, non rileva più, al fine di stabilire il superamento delle soglie di punibilità, l’imposta teorica, ma quella effettivamente dovuta collegata a una rettifica in diminuzione di perdite dell’esercizio o di perdite pregresse spettanti ed utilizzabili.
Nel sistema amministrativo/tributario, non si rinviene una precisa nozione di “imposta evasa” simile a quella suddetta, ma l’articolo 42 del DPR n. 600/1973, come modificato dall’articolo 25 del D.Lgs. n. 158/2015, dispone che sono computate in diminuzione dal maggiore imponibile accertato, le perdite relative al periodo d’imposta oggetto di accertamento, fino a concorrenza del loro importo. Dal maggiore imponibile che residua, dopo lo scomputo delle perdite del periodo, possono essere utilizzate le perdite pregresse su richiesta del contribuente.

L’utilizzo delle perdite
Dopo l’emanazione del Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate n. 2016/51240 dell’8 aprile scorso, il contribuente ha la possibilità di conoscere le modalità e i termini di computo in diminuzione delle perdite fiscali nell’ambito dell’accertamento ordinario e per adesione.
Va ricordato che l’articolo 25 del D.Lgs. n. 158/2015, ha modificato l’articolo 42 del DPR n. 600/1973, disponendo che l’Ufficio utilizzi, dal maggiore imponibile accertato, le perdite relative al periodo d’imposta oggetto di accertamento fino a concorrenza del loro importo.
Con riguardo alle perdite pregresse, ossia le perdite maturate in periodi d’imposta antecedenti a quello oggetto di rettifica, la disposizione stabilisce che le stesse siano computate in diminuzione dal reddito accertato su richiesta del contribuente. In proposito, con il citato provvedimento, è stato approvato il modello, denominato IPEA, riguardante l’istanza di computo in diminuzione delle perdite dai maggiori imponibili derivanti dall’attività di accertamento. Detto Modello deve essere trasmesso, unitamente alla copia di un documento d’identità del firmatario dell’istanza, all’indirizzo PEC dell’Ufficio competente a gestire l’atto impositivo.
Da sottolineare che, lo scomputo delle perdite pregresse, riguarda quelle che erano utilizzabili alla data di chiusura del periodo d’imposta oggetto di accertamento, quindi, non maturate successivamente allo stesso periodo d’imposta e che, al momento di presentazione dell’istanza per lo scomputo in sede di accertamento, non siano già state utilizzate.

Il paragrafo 2.4 del provvedimento, stabilisce che si considerano utilizzate alla data di presentazione del Modello:

  • le perdite scomputate, ai sensi degli articoli 8 e 84 del TUIR, nelle dichiarazioni dei redditi presentate dal contribuente relative ai periodi d’imposta successivi a quello oggetto di rettifica;
  • le perdite rettificate o scomputate dagli uffici a seguito di precedenti atti impositivi.

Infine, la relazione illustrativa al Decreto n. 158/2015, precisa che il computo in diminuzione delle perdite nell’anno accertato, comporta l’applicazione della sanzione per dichiarazione infedele commisurata alla maggiore imposta che eventualmente residua dopo la rideterminazione dei redditi nell’anno oggetto di accertamento.

La giurisprudenza
La recente sentenza n. 2184 del 13 aprile 2016 della CTR di Milano, si è occupata dell’applicazione della sanzione per infedele dichiarazione nel caso in cui il maggior reddito accertato risulti completamente “azzerato” a seguito di utilizzo di perdite pregresse.
I giudici territoriali, richiamando l’orientamento della Suprema Corte, con la sentenza n. 6663 del 21 marzo 2014, sostengono che sussiste un’autonomia dei profili concernenti il recupero a tassazione rispetto a quelli sanzionatori. In merito a questi ultimi aspetti, la Cassazione ha dettato il principio secondo il quale le corrispondenti sanzioni per dichiarazione infedele, di natura amministrativa, sono da riconnettere al solo dato obiettivo della dichiarazione di un reddito inferiore a quello accertato o, comunque, di un’imposta inferiore a quella dovuta. Infatti, proseguono i giudici di legittimità, “è tale infedele dichiarazione che induce il conseguente accertamento, il quale a sua volta determina l’irrogazione della sanzione”.
In altri termini, la sanzione per infedele dichiarazione va, in ogni caso, irrogata anche se il maggior reddito accertato viene azzerato per effetto dell’utilizzo di perdite pregresse.

Osservazioni
In realtà, lo scopo per cui è stata emanata la disposizione contenuta nel citato articolo 25, in merito all’utilizzo delle perdite pregresse, è stato quello di commisurare la sanzione per l’infedele dichiarazione alla sola maggiore imposta dovuta.
La relazione illustrativa, con riguardo all’articolo 25 del Decreto n. 158/2015, ha chiarito che “l’intervento normativo ha la finalità, da una parte, di fornire certezza agli uffici e ai contribuenti in merito all’utilizzabilità delle perdite in accertamento mediante l’introduzione di uno specifico iter procedurale e, dall’altra, di garantire il rispetto della capacità contributiva”.
È fuori dubbio, quindi, che se la finalità della norma è anche quello “di garantire il rispetto della capacità contributiva”, nonché quello di ancorare la sanzione in parola alla maggiore imposta evasa, l’orientamento giurisprudenziale dovrebbe essere superato ovvero dovrebbe essere modificato.
Sembra opportuno una precisazione ufficiale, anche perché il fine della disposizione era quello di deflazionare il contenzioso esistente.

Autore: Francesco Barone. Redazione Fiscal Focus.

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Dott.ssa Silvana Bruce

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Titolare delle studio B&G Italia S.r.l. & Partners Collaboratrice diretta dell’Ambasciata Argentina – Dipartimento Sviluppo Economico

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