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Dichiarazione infedele e credito non spettante: i chiarimenti del Fisco

8 Marzo 2017silvanaNews

La sanzione è commisurata al solo credito utilizzato

Premessa –Se nella dichiarazione è indicato un reddito, ai fini delle imposte, un valore della produzione imponibile, ai fini Irap, o un’imposta inferiore a quella dovuta ovvero un’eccedenza detraibile o rimborsabile superiore a quella spettante, ai fini IVA, trova applicazione la sanzione amministrativa dal novanta al centoottanta per cento della maggiore imposta dovuta o della differenza del credito utilizzato.

L’applicazione operativa della sanzione deve trovare fondamento solo in relazione al credito indebitamente utilizzato dal contribuente. Il mancato utilizzo del credito non può dar luogo alla suddetta sanzione, configurando solo quella relativa al contenuto e alla documentazione delle dichiarazioni di cui all’art.8 comma 1 del D.Lgs 471/97.

L’indicazione in dichiarazione di un credito non spettante, ma comunque non utilizzato dal contribuente, è riconducibile alla seguente disposizione normativa. Se la dichiarazione dei redditi, dell’imposta regionale sulle attività produttive o dell’imposta sul valore aggiunto:

  • non è redatta in conformità al modello approvato con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate
  • ovvero in essa sono omessi o non sono indicati in maniera esatta e completa dati rilevanti per l’individuazione del contribuente e, se diverso da persona fisica, del suo rappresentante, nonché per la determinazione del tributo,
  • oppure non è indicato in maniera esatta e completa ogni altro elemento prescritto per il compimento dei controlli,

si applica la sanzione amministrativa da euro 250 a euro 2.000.

Ciò che rileva ai fini della sanzione dal 90 al 180% dell’imposta dovuta è dunque l’effettivo utilizzo del credito “infedele” da cui consegue un effettivo danno all’erario.

Il chiarimento dell’Agenzia delle Entrate-L’inserimento della locuzione “utilizzato” in relazione al concetto di maggior credito accertato consente di commisurare la sanzione per l’infedeltà solo all’effettivo danno per l’Erario derivante dall’indebita esposizione in dichiarazione del credito. In particolare, gli organi accertatori, nel determinare la sanzione in concreto irrogabile, non devono tener conto del maggior credito (o della parte di esso che non risulti effettivamente utilizzata in compensazione dal contribuente. In tale ipotesi, infatti, il contribuente, non avendo utilizzato il credito, non ha tratto alcun vantaggio (e, conseguentemente, arrecato alcun danno all’Erario); pertanto, la violazione commessa è punita con la sanzione di cui all’articolo 8, comma 1, del decreto legislativo n. 471 del 1997 (da 250 a 2.000 euro), senza recupero d’imposta. La sanzione dal novanta al centoottanta per cento (ed il recupero dell’imposta resta, quindi, applicabile nella sola ipotesi in cui il contribuente abbia indicato in dichiarazione e, successivamente, utilizzato un credito maggiore rispetto a quello effettivamente spettante.

Esempio – Supponiamo un contribuente che abbia presentato una dichiarazione infedele chiusa originariamente a credito. Il credito originario è pari a 1.000. L’Amministrazione Finanziaria in seguito ad accertamento contesta l’inserimento di tale credito riducendolo a 200. In questo caso ai fini dell’applicazione della corretta sanzione è necessario individuare il credito effettivamente utilizzato dal contribuente. Quest’ultimo ha effettivamente utilizzato in compensazione solo l’importo pari a 300 euro.

La norma stabilisce che in tal caso si applichi una sanzione compresa tra il novanta e il centottanta per cento della maggiore imposta dovuta o della “differenza del credito utilizzato”, cioè alla differenza tra il credito fruito e il credito spettante, che nel caso di specie è uguale a 100 euro.

Autore: ANDREA AMANTEA – Redazione Fiscal Focus

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Dott.ssa Silvana Bruce

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Titolare delle studio B&G Italia S.r.l. & Partners Collaboratrice diretta dell’Ambasciata Argentina – Dipartimento Sviluppo Economico

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