Il diritto alla deduzione dell’assegno periodico corrisposto al coniuge è espressamente previsto dall’art. 10 comma 1 lett. c) del TUIR.
Non è previsto un limite massimo di deducibilità ed è stabilito che la deduzione spetta esclusivamente per la parte dell’assegno riferito al mantenimento del coniuge e non anche per la parte destinata al mantenimento dei figli. È la stessa sentenza di separazione che indica in maniera dettagliata la parte dell’importo mensile destinata al coniuge e la parte destinata ai figli. Tuttavia, qualora la sentenza nulla preveda in merito, si presume la misura del 50% ciascuno e ciò indipendentemente dal numero di figli (Circolare n. 95/E/2000).
La deduzione del “contributo casa” – In genere quando marito e moglie si separano, ad uno dei due coniugi viene assegnato (oltre il diritto all’assegno per se e per i figli) anche il diritto di abitazione sull’ex casa coniugale, ma ciò qualora esista una casa di proprietà.
A volte, infatti, si tratta di coniugi che vivevano in affitto oppure in un appartamento sempre di proprietà ma condominiale.
Pertanto, ne consegue che, in alcune ipotesi, il giudice oltre a stabilire l’onere di corrispondere l’assegno all’ex coniuge necessario al proprio mantenimento e a quello dei figli, stabilisca anche l’onere di corrispondere ulteriori somme necessarie al pagamento del canone di locazione e delle eventuali spese condominiali dell’immobile in cui lo stesso ex coniuge ha conservato il diritto ad abitare (c.d. “contributo casa”).
Si tratta di una somma che, per espressa previsione da parte dell’Agenzia delle Entrate (Circolare n. 17/E/2015), è deducibile insieme all’importo dell’assegno periodico destinato al coniuge. Ciò sta significando, che il predetto contributo casa può confluire insieme alla parte dell’assegno periodico destinato all’ex coniuge, nell’importo da indicare al rigo E22 (Modello 730) o RP22 (Modello Unico).
La ratio di tale previsione è da ricercare nel fatto che si tratta di “spese sostenute per assicurare all’ex coniuge la disponibilità di un alloggio e come tale costituiscono un contributo per il di lui mantenimento, ai sensi dell’art. 156 C.c.. In quanto la disponibilità di un’abitazione costituisce elemento essenziale per la vita di un soggetto.” (Sentenza Cassazione – sentenza n. 13029 del 2013 cui l’Agenzia si è uniformata nella Circolare n. del 24/04/2015).
Tuttavia, qualora il contributo casa riguardi l’immobile a disposizione della moglie e dei figli, la deducibilità è limitata alla metà delle spese sostenute e la deduzione è limitata alla metà del contributo versato (Circolare del 24 aprile 2015).
L’importo del contributo casa – Dunque il contributo casa è considerato come “assegno di mantenimento per il coniuge” e come tale deducibile. In genere, è la stessa sentenza di separazione a quantificare la somma che il coniuge deve corrispondere a titolo di “contributo casa” all’altro coniuge. Potrebbe, però, capitare che il giudice nella sentenza fissi solo il diritto al contributo non quantificandone espressamente la somma. In tal caso la somma è determinata per relationem, ossia se ad esempio il contributo casa riguarda il canone di locazione dell’abitazione in cui l’ex moglie continua a vivere con i propri figli perché così stabilito dal giudice, significa che l’importo che il marito deve corrispondere all’ex moglie a titolo di contributo casa è pari al canone di locazione che quest’ultima deve versare.
È utile ricordare che per l’ex coniuge che percepisce l’assegno periodico quest’ultimo rappresenta reddito assimilato a quello di lavoro dipendente e come tale deve dichiararlo nel proprio Modello 730 (Rigo C6) o Modello Unico Rigo (RC7). Ne consegue che qualora l’ex coniuge percepisca oltre al proprio assegno di mantenimento anche il contributo casa, egli deve dichiarare oltre alla parte dell’assegno che si riferisce al proprio mantenimento anche la somma che percepisce a titolo di contributo casa.
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